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Per me che ho già i miei 60 anni, San Gaudenzio si divide nel “prima” e “dopo” la crisi petrolifera degli anni Settanta. Cosa c’entra la crisi petrolifera e l’austerity con il nostro patrono?

C’entra: perché sono stato un bambino quando a San Gaudenzio si saltava la scuola. Con la festività patronale chiudeva tutto. Poi un governo Andreotti concordó (con la CEI ma anche Cgil-Cisl-Uil) che un “ pacchetto di festività religiose” doveva sparire per cercare di produrre di più ed evitare i famosi “ponti”. Epifania ma anche Ascensione, Pentecoste e il giorno dedecato al patrono della città diventavano giornate lavorative. Come le altre. “Cancellato” anche il 4 novembre, festività civile e non religiosa per la ricorrenza della vittoria nella Grande Guerra. Ai lavoratori venivano riconosciute delle giornate di permesso retribuito in più , al posto delle feste obbligatorie, che mi fecero comodo quando iniziai a lavorare ma allo scolaro risultò solo sgradevole perdere un giorno di vacanza che valeva come pausa dopo la ripresa post-natalizia.

Per cui persi un po’ il senso della festa che, al massimo, si riduceva a una visita pomeridiana allo Scurolo con la benedizione dei guanti o della borsa insieme alla mamma. Però, mi sentivo escluso dal clou delle celebrazioni importanti del mattino. Dovevo essere a scuola (prima) e al lavoro (poi) tanto che, quando tornò ad essere una giornata festiva a pieno titolo, ero già (come tanti novaresi) un pendolare cui toccava fare festa per San Giovanni Battista lavorando a Torino o a Sant’Ambrogio lavorando a Milano. Qualche volta, presi un giorno di ferie il 22 per provare di nuovo il gusto della festa di noi novaresi , del nostro Santo, della nostra Basilica. San Gaudenzio sta nel cuore.

L’articolo, assieme ad altre notizie dal territorio della Diocesi di Novara, sul nostro settimanale in edicola a partire da venerdì 17 gennaio. Il settimanale si può leggere abbonandosi o acquistando il numero che interessa cliccando direttamente sopra a qui.

Pier Luigi Tolardo

Pier Luigi Tolardo

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