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«Non si vota per un partito, ma per sé stessi come lavoratori e per ridare dignità al lavoro». Con queste parole, il segretario nazionale della CGIL, Maurizio Landini, ha lanciato un appello forte e diretto in vista dei referendum dell’8 e 9 giugno e ad esprimeri per il sì che significa abrograre le leggi attuali. Un messaggio rilanciato anche dal segretario provinciale CGIL Guido Catoggio, che sottolinea come il voto rappresenti un gesto personale e collettivo insieme, in difesa dei diritti e della giustizia sociale.

La sfida del quorum

Il traguardo da raggiungere è chiaro: il superamento del quorum. È questa la vera sfida per il successo dei cinque quesiti referendari, quattro dei quali riguardano il lavoro e uno la cittadinanza. Un obiettivo ambizioso, reso ancora più complesso dalla decisione del Consiglio dei Ministri di accorpare il voto ai ballottaggi delle elezioni amministrative, previsti appunto per il weekend dell’8 e 9 giugno. Una scelta che ha suscitato critiche da parte dei comitati promotori, che avevano chiesto di votare il 25 e 26 maggio, in corrispondenza con il primo turno delle amministrative.

La CGIL si mobilita

In Provincia di Novara e VCO, in reltà l’unico centro chiamato al voto era Orta San Giulio dove si èvotato a a turno unico per il rinnovo del consiglio comunale (rieletto Giorgio Angeleri). Una situazione che rischia di incidere negativamente sull’affluenza, e quindi sulla possibilità di raggiungere il quorum.
Proprio per questo la CGIL si sta mobilitando con forza, facendo leva anche sul recente risultato positivo alle elezioni RSU: il sindacato è risultato primo nella funzione pubblica a Novara, segnale di una base solida e attiva.

Dal PD sostegno freddo e il “NO” del Centrodestra

Non con la stessa decisione stanno spingendo i partiti: nel centrosinistra il segretario regionale del Pd Mimmo Rossi l’altro giorno ha protestato contro la sede RAI a Torino per il poco spazio informativo dedicato ai referendum, ma tra i Dem pochi si sbilanciano a dire se e cosa voteranno. Anche i 5 Stelle non spingono, mentre chiaramente per il “Sì” è Avs. Nel centrodestra, invece, prevale l’indicazione per il non voto o per il “no” a tutti i quesiti”.

La posta in gioco

Ma cosa si voterà l’8 e 9 giugno? I cinque quesiti referendari puntano a cambiare in modo significativo alcune delle norme chiave su lavoro e cittadinanza. Il primo riguarda licenziamenti e reintegro: l’obiettivo è eliminare le disparità tra i lavoratori assunti prima e dopo il 7 marzo 2015, abrogando il decreto legislativo n. 23/2015 e ripristinando la possibilità di reintegro per tutti in caso di licenziamento illegittimo. Il secondo propone di eliminare il tetto al risarcimento (attualmente tra 6 e 14 mensilità) nelle piccole imprese, lasciando ai giudici la possibilità di valutare il danno effettivo subito. Il terzo mira a contrastare il lavoro precario, reintroducendo l’obbligo di causale per i contratti a termine inferiori ai 12 mesi. Il quarto intende rafforzare la sicurezza sul lavoro, estendendo la responsabilità del committente anche ai rischi specifici negli appalti. Il quinto quesito riguarda infine la cittadinanza, proponendo di rendere più accessibile l’acquisizione per chi vive in Italia da tempo ma non riesce a ottenerla a causa delle attuali restrizioni normative.

Il voto, ribadiscono dalla CGIL, è una scelta che riguarda tutti: lavoratori, studenti, pensionati, cittadini. Un’occasione per esprimere una visione di società più giusta, inclusiva e sicura. E questa volta, ancora più del solito, andare a votare fa la differenza. Più tiepidi, almeno per il momento, i partiti dove nell’ambito del centrosinistra i referendum stanno avendo un tiepido sostegno, ma con un impegno più di singoli esponenti che delle segreterie.

La CISL non appoggia i referendum

Diversa la posizione della Cisl. Secondo Elena Ugazio «i referendum sul lavoro sono uno strumento sbagliato sia nel metodo, per noi le questioni legate al lavoro trovano nella contrattazione l’unico campo da gioco, che nel merito perché reintroducono in alcuni casi situazioni peggiorative per i lavoratori».

Il mondo del lavoro è cambiato, servono tutele nuove che non guardino al passato ma trovino in una contrattazione calata sulle persone la risposta al problema del mercato del lavoro di oggi ovvero i salari.
Non facciamo campagna né pro, né contro, né invitiamo all’astensionismo proprio nello stile autonomo che da 75 anni contraddistingue il nostro fare sindacato che guarda al merito delle questioni.
Per noi la via è quella del dialogo che è fatta di partecipazione e di un nuovo statuto della persona nel mercato del lavoro».

Sul tema della cittadinanza pensiamo la Cisl «pensa – conunua Elena Ugazio – che una riforma legislativa organica sia la strada più efficace per garantire inclusione e coesione sociale. Il tema immigrazione non deve essere oggetto di tifoserie di parte ma affrontato come una opportunità in un paese che vive già gli effetti di un inverno demografico. Sosteniamo con convinzione l’introduzione dello ius scholae come strumento per facilitare l’accesso alla cittadinanza italiana per i minori stranieri cresciuti e formati nel nostro Paese.

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