Novara 1 – “imitatori 0″. In prima linea contro il cosiddetto “Italian Sounding” che spaccia per italiano ciò che italiano non è, il consorzio Gorgonzola ha vinto in tribunale contro aziende statinitensi che gli “rubavano” il marchio e gli inquinavano il mercato. Il risultato ha un valore che va oltre la battaglia circoscritta al nostro formaggio Dop made in Italy. La sentenza afferma un principio che potrebbe fare scuola.
A Santiago del Cile, migliaia di chilometri lontano dalla cupola e dai caseifici novaresi e lombardi, i produttori lattiero-caseari statunitensi, riuniti nel Diary Export Council, si erano opposti alla richiesta del Consorzio italiano di ottenere la denominazione d’origine in Cile, così come è avvenuto altrove. Gli Usa sostenevano che il nome Gorgonzola corrisponde a un’indicazione generica per distinguere un tipo di formaggio blu. In altre parole: qualsiasi tipo di formaggio similare prodotto negli Stati Uniti ed esportato in Cile sarebbe stato venduto con l’etichetta di gorgonzola, anche se non autentico Dop proveniente dall’Italia. Vale la pena ricordare che gli “erborinati” clonati nel mondo sono parecchi e che nel Wisconsin esistono caseifici (qualcuno anche di proprietà italiana) che marchiano i loro prodotti come gorgonzola, aggiungendoci anche la bandierina tricolore sulla confezione. Insomma: un falso che induce alla confusione il consumatore ignaro. Il Gorgonzola, come il Parmigiano, è una delle eccellenze di casa nostra più imitate.
La causa intentata dal Consorzio italiano si è conclusa con successo. Il ministero dell’agricoltua cileno, in prima battuta, ha respinto le argomentzioni avanzate dai produttori statunitensi. Infine, l’istituto nazionale per la proprietà intellettuale del Cile ha stabilito che solo il formaggio prodotto in Italia può essere venduto con il nome di Gorgonzola.
Il Consorzio (presidente Antonio Auricchio, nella foto in questo articolo) ha combattuto più di una battaglia legale. Sempre concluse con verdetti favorevoli. Così è stato con il “Combozola” e l'”Oesterzola”, due formaggi blu europei. Questa volta, attraverso il Cile, era in gioco la conquista del Sudamerica.
L’avvocato che ha condotto la causa, Francisco Valverde, socio dello studio “Villaseca Abogados”, ha dimostrato che solo un volume molto ridotto di formaggio blu made in Usa entrava in Cile, quindi non poteva essere considerato generico. Allo stesso modo non esistevano informazioni sulla produzione o sull’esportazione nazionale di Gorgonzola.
Alvaro Arévalo, pure socio di Villaseca Abogados, ha sottolineato come l’ottenimento della denominazione d’origine nel Paese cileno vada oltre il risultato specifico. “Non si tratta solo di un luogo – ha precisato – ma anche della sua gente e del suo modo di fare, il che ci ha portato a credere fermamente nell’importanza di preservare l’identità di questo formaggio eccezionale. La registrazione – ha concluso – non è quindi solo un titolo legale, ma un riconoscimemnto della sua tradizione e della sua storia”.
Soddisfatta Valeria Biagiotti, ambasciatrice d’Italia in Cile. “La sentenza – il suo commento – rappresenta un ulteriore passo nell’enorme sforzo che le autorità e le aziende italiane compiono ogni giorno in tutto il mondo contro l’Italian Sounding per la tutela delle denominazioni italiane tipiche”.
L’ambasciata d’Italia e lo studio legale hanno tenuto una cerimonia a Santiago dove il direttore dell’istituto nazionale di proprietà industriale, Loreto Bresky, ha consegnato il titolo ufficiale di riconoscimento.
Gianfranco Quaglia, Direttore
di Agromagazine