L’alluvione in Romagna è ancora un tema di grande attualità e sofferenza per tutto il nostro paese. Non solo pesano i 16 morti ma anche le condizioni di di migliaia di persone senza casa, delle famiglie in difficoltà che hanno perso i loro beni e le prospettive di aziende distrutte costrette a lasciare senza lavoro i dipendenti. Dopo il disastro è ora tempo dell’impegno delle istituzioni che deve essere accompagnata dalla solidarietà della gente.
Qui di seguito pubblichiamo un editoriale dei direttori dei giornali delle diocesi alluvionate della Romagna. Una riflessione su questi temi che aiuta a capire meglio e ad avvicinarci con il cuore oltre che con la mente alla gente della Romagna.
Stime, in questi giorni, ne sono state fatte tante. “Oltre 7miliardi di danni”, 400 milioni di chili di grano da buttare, 5mila aziende agricole colpite e 50mila lavoratori a rischio. E la conta può solo aumentare. Di certo, finora, c’è la morte di 16 persone: il bilancio più grave di tutti. L’alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna il 16 maggio e nei giorni successivi è stato un tornado dal quale questo territorio ricco e generoso faticherà a rialzarsi. Il vento del cambiamento climatico ha soffiato così forte, stavolta, che tutti se ne sono accorti. E ha colpito qui, mostrando forse per la prima volta in Italia la sua potenza distruttiva. Un’onda che lascerà il segno. Come provano le tante istituzioni che in questi giorni sono state qui, accanto a questa gente laboriosa, per dare vicinanza e sostegno, nella tragedia.
Per ripartire
Da dove ripartire? Cosa fa la differenza in questi casi? Certo, “siamo romagnoli”, dice qualcuno: gente abituata a rimboccarsi le maniche e non piangersi addosso. Gente che ha strappato la terra nella quale vive alla forza dell’acqua. Gente con il sorriso, anche quando le difficoltà sembrano avere la meglio. La gente del “però”, come ha con efficacia fotografato Paolo Cevoli in uno dei video che girano sul web sul post-alluvione: “Abbiamo avuto un metro e mezzo d’acqua”, gli dice il notaio Castellani a Faenza, “ma stiamo lavorando alacremente”. “Cumuli di macerie dappertutto qui”, nota Cevoli camminando in centro città. “Ma li hanno tolti quasi tutti”, gli rispondono. “Tutto da buttare qui”, gli dicono. “Ma siamo qui. Però quanta gente c’è ad aiutarci. E non la conosciamo nemmeno”.
Solidarietà novarese nelle zone alluvionate della Romagna
Solidarietà di tanti novaresi, che sono intervenuti in aiuto alle zone alluvionate della Romagna.
Cosa abbiamo perso
“Abbiamo perso 10 galline, però ce n’è rimasta una”. Contabilità strana, che a volte richiama quella di alcune parabole. Di un Dio che lascia le 99 pecore per una sola che si perde. Della donna che spazza la casa per una sola moneta persa. E infatti i conti non tornano: milioni persi, economia che subirà pesanti contraccolpi, disagi, con un’infinità di frane in collina che hanno isolato paesi e valli e distrutto strade. Danni materiali e insicurezza diffusa. Perché perdere la casa significa perdere anche i ricordi, quei frammenti di vita e di storia personale che ci fanno sentire quella casa la nostra casa.
Pala in spalla
La presenza e il lavoro gratuito di persone giunte qui da tutt’Italia a darci una mano rendono le difficoltà un po’ meno dure, anche se la fatica e il dolore rimangono. Può apparire assurdo, ma è così. Forse, a fare la differenza in questa tragedia, può essere il “volto dell’altro”, come l’ha definito Mauro Magatti su Avvenire del 27 maggio. Papa Francesco la chiama fraternità questo moto spontaneo che si è innescato subito dopo il disastro. L’abbiamo sperimentata anche con il Covid, ma subito l’abbiamo dimenticata. La vediamo nelle migliaia di ragazzi e di giovani che, pala in spalla e coperti di fango, camminano nei nostri centri storici alla ricerca di case da sgombrare, persone da aiutare, da sostenere e anche da abbracciare. Tra poco non li vedremo più. Quest’onda di emozione viene, passa e va.
I giovani volontari per l’alluvione in Romagna non sono una generazione di egoisti
L’editoriale di Pierluigi Tolardo
Come l’acqua
Come l’acqua. Ma quell’esperienza di solidarietà nella sofferenza e nel bisogno rimane, in chi la vive e in chi la riceve. Non ripagherà di tutti i danni subiti, ma è già tanto. E ci fa compiere passi verso un futuro che immaginiamo diverso e meno drammatico. Più amichevole e più umano. Se imparassimo la lezione…
I direttori dei settimanali delle diocesi alluvionate della Romagna
Franco Appi (Il Momento – Forlì)
Andrea Ferri (Il Nuovo diario messaggero – Imola)
Samuele Marchi (Il Piccolo – Faenza)
Giovanni Tonelli (Il Ponte – Rimini)
Daniela Verlicchi (Risveglio – Ravenna)
Francesco Zanotti (Corriere Cesenate – Cesena)