«Come si può continuare a tradire i desideri di pace dei popoli con le false propagande del riarmo, nella vana illusione che la supremazia risolva i problemi anziché alimentare odio e vendetta?« Sono parole di Papa Leone, pronunciate davanti l’assemblea della Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali di (Roaco), lo scorso 25 giugno. Sempre in quel contesto il Papa continuava «Il cuore sanguina pensando all’Ucraina, alla situazione tragica e disumana di Gaza, e al Medio Oriente, devastato dal dilagare della guerra… La gente non può morire a causa di fake news».
Ma come non ricordare le parole inascoltabili e inaccettabili, della Presidente del Consiglio «si vis pacem para bellum» (se vuoi la pace prepara la guerra). Che ha detto di pensarla appunto come gli antichi romani, ma anche come Trump, Netanyahu e Rutte, segretario della Nato, che è al settimo cielo per l’approvazione dell’impegno dei Paesi Nato di arrivare a spendere nei prossimi anni il 5% del Pil per le armi! Per l’Italia sono un centinaio di miliardi in più, ogni anno.

E sabato 19 luglio il quotidiano Il Mattino scriveva: «Guerra mondiale nel 2027? L’allarme del comandante della Nato: Usa e Europa devono attrezzarsi». Siamo sempre più in un clima di guerra, che ci vede coinvolti come Europa e come Italia. Una guerra presentata col sorriso sulle labbra, come una cosa quasi bella, opportuna, utile, che rilancia l’economia… Infatti abbiamo notizia di diverse industrie anche piccole e medie che stanno ‘riconvertendo’ dal civile al militare. Non sarà certo un caso che la grandi multinazionali delle armi, vedi Leonardo, stiano facendo affari d’oro.
‘Finchè c’è guerra c’è speranza’, era il film di Alberto Sordi nel 1974. Tragicamente attuale. Siamo continuamente ossessionati dalla necessità di investire in armi, di garantire la difesa e la sicurezza, parole ormai diventate forse più importanti dello stesso Vangelo.
Anche il Censis – come scrive Pasquale Pugliese, del Movimento Nonviolento, sul Fatto Quotidiano del 22 luglio u.s. – commentando la recente indagine ‘Gli italiani e la guerra’, ha parole molto dure contro l’impreparazione della società italiana alla guerra «Una impreparazione culturale e psicologica» che non riesce a concepire la guerra come ineluttabile, «ritenendo ancora – aggiunge – di poterla aggirare con astuzie politico-diplomatiche».
Il Censis, scrive Pugliese, se la prende contro «questi italiani retrogradi, restii ad accettare il nuovo mondo, quello in cui si è visibilmente insediato lo stato di guerra, in cui il ricorso alle armi è di fatto una scelta praticabile», continuano a pensare che la guerra sia inaccettabile: vivono in una «anestesia collettiva che ha rimosso ogni simbolo bellico».
Agghiacciante. Si vuole la guerra a tutti i costi! E in questa direzione vanno gli 800 miliardi dell’Europa per gli armamenti. Un vero rilancio della guerra! Risuonano nel deserto le parole di Papa Leone che commentava con i giornalisti mentre lasciava Castel Gandolfo, lo scorso 22 luglio «Bisogna incoraggiare tutti a lasciare le armi, lasciare anche tutto il commercio che c’è dietro ogni guerra.
Tante volte con il traffico delle armi le persone diventano solo strumenti senza valori».
Le ascolterà la politica, preoccupata forse più dei propri aumenti di stipendio e delle proprie ferie? Le ascolterà la stessa chiesa, che a volte sembra impaurita a toccare i temi del riarmo e della guerra? Non possiamo, come diceva don Tonino Bello, preoccuparci solo del numero delle candele da mettere sull’altare.

Don Renato Sacco, Consigliere nazionale
di Pax Christi
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