Più di un secolo fa la Grande Guerra aveva portato in Europa una violenza mai vista, per la prima volta la leva obbligatoria dell’Italia unita aveva fatto conoscere ai giovani e giovanissimi italiani l’orrore delle armi e del sangue e il sergente di sanità e poi cappellano militare Angelo Giuseppe Roncalli si trovava al capezzale di giovani poco più piccoli di lui, come i suoi fratelli minori.
Dentro questa storia antica entrò un giorno straordinario, che fu riscoperto con sorpresa dagli storici: una spontanea tregua di Natale al fronte, tra inglesi e tedeschi, complice la nostalgia di casa, la necessità di ricordare che c’era qualcosa di più importante del massacro quotidiano di vite e corpi, il bisogno di ricordare a se stessi che c’era un oltre della guerra che non poteva morire. Oggi, mentre oltre 30 conflitti sono aperti sulla terra – alcuni da decenni – e tanta violenza esplode anche in azioni terroristiche e di vendetta e ritorsione, l’Ucraina entra nel decimo mese di guerra.
Tante le immagini strazianti di città e villaggi, di un popolo che soffre. Di alcuni Paesi del mondo in guerra ci arriva qualche rara immagine, dei più non sappiamo praticamente nulla. Anche nel mondo globale, ciò che sappiamo e conosciamo è una minima parte, soprattutto del dolore e delle lacrime di tanti sconosciuti.
Ma a Natale abbiamo tutti bisogno di una tregua: ne hanno bisogno i popoli, ne ha bisogno la martoriata Ucraina, ne ha bisogno il povero popolo mozambicano che viene massacrato nel nord del Paese da gruppi di terroristi di matrice islamista, ne ha bisogno il disperato Yemen i cui piccoli sono vittime della fame, ne ha bisogno di Sud Sudan che non trova pace. Ne hanno bisogno i Paesi centroamericani che vivono sotto il ricatto della violenza del narcotraffico, una violenza mafiosa che ne impedisce ogni sviluppo equo.