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Gian Marco Griffi, autore del romanzo di successo “Ferrovie del Messico”, è arrivato a Borgomanero venerdì 16 giugno per presentare il proprio libro in villa Marazza. Nel cortile della fondazione, la discussione è stata uno scambio tra l’autore e un’altra scrittrice Maura Maffei.

Un successo inaspettato

L’interlocutrice introduce l’inaspettato successo del romanzo di Gian Marco Griffi sottolineando come sia passato da 168 copie all’uscita al successo odierno. Infatti il libro, con le sue oltre 800 pagine confezionate, è oggi tra i candidati del premio Strega 2023. Oltre alla candidatura, le vendite sono oltre le 120 mila copie e sono già stati vinti sei premi dall’opera in questione. È lo stesso autore ad ammettere che «mi sono stupito quando la copertina ha iniziato a girare sui social. E sono poi arrivate importanti recensioni a livello nazionale.»

«Il mio libro è probabilmente l’ennesima conferma che è chi legge che conta. La cosa fondamentale era lo stesso amore dei lettori per la mia opera.» Questo successo italiano ha fatto anche prospettare una traduzione con l’editore francese Gallimard, uno dei più importanti a livello europeo.

«Un romanzo odontoiatrico e antifascista»

I due scrittori hanno poi iniziato a discutere dell’opera, accordandosi sul definirlo un romanzo «odontoiatrico e antifascista». Gian Marco Griffi giustifica che il protagonista delle vicende, un ventitreenne di fantasia di nome Francesco “Cesco” Magetti, è un personaggio con perenne mal di denti. «Il tutto si sviluppa tra il 1943 e 1944, nella repubblica di Salò, Cesco sviluppa una fobia per i dentisti, e si vede quindi alleviare i suoi dolori nei modi più disparati.»

«Questo suo tratto caratteriale si traspone anche nei suoi ideali, nella insicurezza, nel non voler prendere una scelta. “Dovrei stare con la resistenza o i fascisti?” è facile intuire la risposta giusta oggi. Ma nel ’44, ad esempio, non si aveva neanche bene idea di che cosa fosse il nazismo, non avevano affatto tutte le informazioni che abbiamo noi. Anche perché Cesco è nato e cresciuto nel fascismo, non era scontato cambiare bandiera.»

«Io ho voluto fare molte ricerche sulle questioni dei nazisti, ed infatti anche loro bisogna ricordarsi che erano uomini. È vero, c’erano degli efferati, ma la maggior parte erano come impiegati. D’altronde alcuni ordini non arrivavano, alcune operazioni finivano nel nulla… Anche tra i soldati italiani di Salò c’era un certo sgomento, riscontrabile in cartoline indirizzate alle mamme. Molti erano sconfortati perché si aspettavano di combattere gli americani, ma erano altri italiani. Erano in mezzo ad una guerra civile.»

I due interlocutori hanno infine ringraziato la fondazione Marazza, che li ha lasciati con la buona fortuna per il premio Strega.

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