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Don Rossi «non è santo perché martire, ma è martire perché è santo». Potrebbe sembrare un gioco di parole, ma è ciò che emerge dalla vita di questo «umile operaio della vigna del Signore».

Le pagine del suo diario, scritto quale rifugio personalissimo dei suoi pensieri, offrono lo spaccato genuino di un uomo, di un cristiano e di un prete che, pur consapevole dei propri limiti e di quelli delle persone a lui affidate, non cede allo sconforto. Don Giuseppe si avventura con tenacia nella vita cristiana in una continua tensione profetica, che racconta ciò che vorrebbe e ciò che il duro quotidiano gli rivela. Così, senza cedere mai al cinismo di una realtà segnata dalla guerra fratricida, entra progressivamente in quel sano realismo e ottimismo cristiano. Ne diventa man mano consapevole: non sarà lui “ad operare miracoli nei cuori”, come si era immaginato negli anni del seminario, ma la Grazia di Dio trasformerà lui in “un miracolo per il cuore” di chi incontrerà.

Don Giuseppe costruisce, giorno dopo giorno nel suo ministero di parroco, quella testimonianza che lo porta a toccare con l’anima le vette del Cielo, ma lo fa maturare attraverso le asperità del quotidiano sulla terra. L’offerta finale della vita diventa solamente la conseguenza di questa continua tensione, che lo brucia e lo infiamma, soprattutto nei momenti di difficoltà.

Aveva scritto sull’immagine della sua prima messa, prendendo in prestito un versetto dall’apostolo Paolo: «Darò quanto ho, anzi darò tutto me stesso per le anime vostre». Don Giuseppe ha pienamente realizzate queste parole. Trasformandosi alla fine, come Cristo, «in un’ostia santa e gradita a Dio», spaccata da mani feroci assassine ma offerta sull’altare di un mondo che ritrova ancora nel sacrificio salvifico di Cristo e suo, quella «vera pace che solo il mondo degli uomini non potrà mai dare».

DON MARCO CANALI

Marco Canali, Delegato diocesano per la causa di canonizzazione di don Giuseppe Rossi

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