Un intervento per contribuire a fare del carcere un luogo da dove ripartire, dove ricominciare dopo aver scontato la pena, dove riprendere a sperare. È il cuore dell’Actio Emblematica intrapresa dalla diocesi di Novara attraverso la Caritas, e annunciata dal vescovo Franco Giulio Brambilla al termine della messa pontificale per il santo patrono della diocesi e della città di Novara san Gaudenzio, in una patronale che – nell’Anno Santo 2025 – è tutta dedicata al tema della “Speranza che non delude”.
Spazi di Speranza nelle carceri di Novara e Verbania
L’azione annunciata dal vescovo prevede la ristrutturazione di due “Spazi di Speranza”, uno per ciascun carcere presente in diocesi (a Verbania e a Novara), da adibire ad attività educative e relazionali. L’intervento è stato concordato con le direttrici dei due istituti (con una popolazione carceraria di circa 70 detenuti a Verbania e 170 a Novara), a seguito di un’attenta analisi dei bisogni interni, e rappresentano una risposta concreta e condivisa alle necessità emerse.
Gli ambienti saranno progettati per ospitare laboratori artigianali, corsi di formazione e momenti di socialità, con l’obiettivo di promuovere l’autonomia e il benessere psicofisico dei detenuti. Gli interventi includeranno la riqualificazione dei locali, l’acquisto di materiali e strumenti necessari per le attività. «Un passo – spiega don Gianmario Lanfranchini, delegato diocesano per il Giubileo 2025 – che attiverà anche una rete e con il volontariato».
Per coinvolgere la comunità ecclesiale e civile, si prevede una campagna di sensibilizzazione incentrata sulla colletta della Quaresima di Fraternità, invitando i fedeli a sostenere l’iniziativa con donazioni. Parallelamente, si promuoverà il coinvolgimento di aziende, privati e fondazioni locali per garantire il supporto economico necessario.
La vita in speranza: l’omelia del vescovo
Un gesto concreto, quindi, per porre attenzione durante l’Anno Santo – è l’intenzione del vescovo Franco Giulio – non solo sulla “speranza” in sé, ma sulla «vita in speranza», secondo l’espressione del filosofo Gabriel Marcel: segni e atteggiamenti concreti da mettere in pratica per avviare una cambiamento del cuore e una conversione.
Rimettere Cristo al centro
Tre i passi che il vescovo ha indicato nell’omelia [qui il testo integrale]. « Il primo passo – ha detto – riguarda la centralità di Cristo e di Dio nella nostra vita: i cristiani sono invitati ad adorare, cioè «santificare, riconoscere come santo il Signore, Cristo, nei vostri cuori»: il popolo di Dio come “popolo santo” è una comunità di persone che ha al centro dell’esistenza il riconoscimento della santità del Signore. In questo anno giubilare la speranza viva ci chiede anzitutto di mettere in ordine le cose della nostra esistenza, di porre al primo posto ciò che deve stare al centro, il Signore e le cose decisive della vita, del lavoro e della famiglia».
L’attenzione alla testimonianza personale e civile
Poi l’attenzione alla dimensione di testimonianza personale e nella società civile. «Oggi la testimonianza – ha proseguito Brambilla – è diventata difficile nella vita familiare, lavorativa e sociale: vincono i poli estremi della contrapposizione o della mimetizzazione. Anche noi cristiani abbiamo paura che “rendere ragione” della nostra fede e delle nostre convinzioni non ci faccia sentire accettati dagli altri, oppure orgogliosamente vogliamo far valere la nostra differenza, spacciandola subito per la speranza cristiana. La stessa comunicazione è oggi spregiudicata: inventa notizie false, imbroglia i lettori ignari per vendere una manciata di copie in più e per un pugno di like, avvelenando le relazioni tra le persone. Ma anche le relazioni e la scelta delle persone per posti di responsabilità nella vita sociale e civile seguono talvolta criteri familistici e amicali, piuttosto che valorizzare il merito e la competenza. L’anno del Giubileo dovrebbe puntare sull’onestà, la laboriosità, la generosità nella vita personale e sociale».
Lo stile della vita in speranza
Ed infine l’atteggiamento di fondo che dovrebbe animare la vita in speranza per chi ha fede. « I nostri rapporti – ha detto il vescovo – si sono incattiviti, sia nei confronti delle persone che dovrebbero essere maestri e guide della vita dei giovani e della convivenza civile (genitori, maestri, professori, allenatori, infermieri, medici, corpi sociali), sia nei confronti delle persone che abitano la nostra casa (donne e bambini) e la nostra terra (disabili, vulnerabili, migranti). Non dimentichiamo che il carattere disarmato e disarmante dello stile cristiano, anche di fronte alle calunnie riguardo al nostro essere e agire nella luce e nello stile di Cristo, è stato il fattore più importante per il diffondersi del Cristianesimo nei primi quattro secoli. La “gentilezza” del tratto, su cui anche la nostra città di Novara ha investito molto, deve accompagnarsi al rispetto per la dignità delle donne e degli uomini, riconosciuta davanti a Dio, e per una coscienza pura e trasparente».
L’indulgenza giubilare durante l’ottavario di san Gaudenzio
E come ulteriore segno giubilare di conversione – ha spiegato in conclusione della messa il parroco delle parrocchie unite del centro mons. Renzo Cozzi – durante tutto il tempo dell’ottavario di san Gaudenzio [qui tutto il programma religioso], sarà possibile ricevere l’indulgenza per coloro che, impossibilitati ad attraversare la Porta Santa a Roma, si recheranno in preghiera allo scuorolo di san Gaudenzio.