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La decima puntata della nostra rubrica dedicata al Giubileo della Speranza. Un piccolo approfondimento e una breve meditazione sui temi che l’Anno Santo mette al centro del percorso della comunità ecclesiale, sulle sfide per tutta la società civile e su come ogni fedele può essere interrogato dalla “Speranza che non delude”.


Tra gli elementi qualificanti del Giubileo, accanto alla conversione personale e al rinnovamento della famiglia e delle comunità cristiane, vi è il tema della remissione dei debiti.

La terra data in eredità

Un discorso sull’indulgenza, senza respiro sociale, corre il rischio di non mutare le strutture di peccato e di sospingere nell’inti­mismo i processi di liberazione. Nella visione dell’Antico Testamento la terra è di Dio, e quindi noi dobbiamo di continuo riconoscere il debito grato nei confronti della vita e del mondo, perché sono doni del Creatore e ci ricordano che i beni della terra sono destinati a tutti, non solo ad alcuni privilegiati (cf testo). La Bibbia ripete a più riprese che Dio è il «Signore di tutta la terra» (Gs 3,11.13; Sal 97,5; Mi 4,13; Zac 4,14; 6,5), poiché «i cieli appartengono a Dio, ma la terra Egli l’ha data ai figli dell’uomo» (Sal 115,16). L’uomo biblico più che di proprietà data all’uomo, parla di terra lasciata in “eredità”, di cui l’uomo è costituito “depositario”.

Proprio perché è data in eredità all’uomo perché la custodisca e la condivida, è insopportabile che egli possa indebitarsi e cadere in schiavitù senza avere mai più una terra da lavorare e un luogo da abitare. Il giubileo ogni sette settimane di anni dà un’indicazione liberante: non solo la terra deve tornare alla disponibilità dell’inizio, ma ogni uomo che viene in questo mondo deve avere una seconda possibilità con la remissione del debito. Così si ristabilisce la giustizia di Dio nell’uso della terra, nel possesso dei beni, nei rapporti di lavoro, soprattutto per i più poveri e per chi è caduto in disgrazia.

Rimetti a noi i nostri debiti

Nel Nuovo Testamento molte parabole utilizzano un codice mercantile. La parabola che segue al detto sul perdono settanta volte sette (Mt 18,23-35) presenta un contrasto sconvolgente tra il servo che ottiene il condono di un debito stratosferico di diecimila talenti, ma poi non riesce a rimettere un piccolo debito di cento denari a un suo pari. Per questo, il primo evangelista esprime l’invocazione sul perdono con il linguaggio della remissione dei debiti: «rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12). Egli introduce un nesso bellissimo tra la dimensione verticale del debito che Dio sempre ci condona con la sua misericordia, e il debito che noi dobbiamo rimettere agli altri che vediamo in difficoltà e in affanno. La preghiera del Padre nostro invita il credente a relativizzare la fortuna propria e la povertà altrui, che può far cadere persino nella schiavitù servile, per metterla nella sua dimensione più vera: la vita è sorretta da un dono (la salute, la famiglia, il lavoro, i talenti, ecc.) che fonda il debito grato da riconoscere verso Dio e gli altri.

Ma poi l’esperienza delle prime comunità cristiane arriva a una formulazione ardita che leggiamo in san Paolo: «Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole; perché chi ama il suo simile ha adempiuto la legge» (Rm 13,8). L’apostolo formula un paradosso: l’unico debito da contrarre è quello dell’amore, perché è un dovere che libera, mentre ogni altro debito ci rende servi. Ma proprio tale sguardo relativizza gli altri debiti materiali, fissando l’attenzione sul debito grato che ognuno ha nei confronti della vita.

Il creditore che rinuncia con un gesto di generosità

L’istituto giuridico previsto dal codice civile italiano sulla remissione del debito (art. 1236) ispirato forse dal diritto romano e canonico, è singolare e può essere una causa di estinzione dell’obbligazione. Il creditore rinuncia volontariamente al proprio credito, liberando il debitore dal dovere di adempiere, con un atto di volontà che può essere compiuto per generosità, per convenienza o di seguito a un accordo. La remissione del debito si esprime anche con un atto idoneo del creditore (art. 1237), da cui risulti in modo univoco la sua volontà di estinguere l’obbligazione: in questo caso si parla di remissione tacita.
Possiamo allargare il discorso anche al debito internazionale, in analogia con la remissione del debito a persone o società.

Nel messaggio di Capodanno Papa Francesco afferma: «Il debito ecologico e il debito estero sono due facce di una stessa medaglia di questa logica di sfruttamento, che culmina nella crisi del debito. Prendendo spunto da quest’anno giubilare, invito la comunità internazionale a intraprendere azioni di condono del debito estero, riconoscendo l’esistenza di un debito ecologico tra il Nord e il Sud del mondo. È un appello alla solidarietà, ma soprattutto alla giustizia». (cf testo).

Un giubileo senza condono parziale o totale del debito insolvibile da parte dei paesi poveri e segnati dalla guerra viene meno alla sua sfida essenziale. In quest’anno va promossa una forte iniziativa dei paesi del Nord Europa e America che si accordino su proposte pratiche per immaginare gli strumenti adeguati in vista dello scambio di risorse naturali, promozione dell’ambiente, progetti di sviluppo e remissione del debito, coinvolgendo responsabilmente i paesi debitori.

Mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara

L’articolo integrale con tutti gli articoli dal territorio della Diocesi di Novara si potranno trovare sul nostro settimanale in edicola a partire da venerdì 13 giugno. Il settimanale si può leggere abbonandosi o acquistando il numero che interessa cliccando direttamente qui.

Tutti i testi della Rubrica sul Giubileo sono raccolti nella pagina dedicata.

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