Da fine marzo ho iniziato a considerare, con gioia ed emozione, i quaderni che contengono il diario spirituale di mons. Renato Corti. Ne ho ricevuto autorevole proposta dal vescovo Franco Giulio e dal vicario generale mons. Fausto Cossalter. Per me si tratta di un autentico lavoro spirituale, immerso in questa infaticabile opera di annotazione che mi fa pensare al continuo sottofondo musicale dell’episcopato che ho accompagnato. Vi colgo la vibrante risonanza interiore divenuta eco del quotidiano dispiegarsi di un ministero ricco di colloqui personali e di incontri pastorali, di visite alle comunità e di partecipazione diretta alla vita della Chiesa anche nella sua più ampia dimensione nazionale ed universale. Emblematico un passaggio: “Mi sembra che tutto mi parli e che anche le cose minime abbiano voce”.
Sono stato testimone diretto, per vent’anni, della costante tessitura di un prezioso arazzo offerto da questi diari. Fogli scritti a mano con abbreviazioni e sigle, quasi in stenografia, oppure redatti con l’inseparabile macchina per scrivere Canon. La prima gli era stata regalata dal cardinale Martini. Altre sono state acquistate negli anni successivi, anche più di una contemporaneamente, perché non mancasse tale strumento nei tre luoghi che ospitavano l’intenso lavoro di scrittura: la cappella del vescovado, lo studio privato e l’automobile.
Di fronte a questo “monumento” e in prospettiva della Giornata di fraternità sacerdotale prevista al Santuario di Re per martedì 13 maggio, ho fatto la scelta di stare sul primo quaderno che va dal 26 novembre 1990 al 28 febbraio 1991, per un totale di 280 pagine.
Sono i mesi precedenti il trasferimento a Novara, da quando il vescovo Renato ha saputo di essere designato alla cattedra di san Gaudenzio, come successore di mons. Aldo Del Monte.
La nomina divenne ufficiale il 19 dicembre 1990; l’ingresso in diocesi avvenne il 3 marzo 1991. Queste pagine sono molto significative perché rivelano come mons. Corti si è preparato alla nuova responsabilità; quali pensieri, preghiere, riflessioni, domande, approfondimenti hanno abitato il suo cuore. L’intenzione è chiaramente rivelata: “Mi devo chiedere a quali conversioni Dio mi chiama per essere un valido vescovo per la gente che Dio mi dà e, in particolare, per il Clero che incontrerò”. Una consapevolezza e un’interiore esigenza che sono andate crescendo come conferma il vescovo stesso: “Quanto ho scritto fin qui è strettamente collegato con il mio cammino e la responsabilità che sto per assumermi. Il taglio mi pare giusto: è cioè raccogliere per iscritto quanto, giorno per giorno, mi interpella; cercare di capire a che cosa propriamente vengo, volta per volta, chiamato/sollecitato; esplicitare orientamenti/scelte/interventi che potrò utilmente mettere in atto nel futuro prossimo o lontano”.
Il primo diario lascia intravedere le arcate principali del successivo episcopato, chiamato a inserirsi nella scia dello stimato predecessore. Annota il vescovo: “Sarà bene che studi il solco nel quale mi immetto e che ha trovato un sigillo ultimo nel sinodo diocesano concluso a giugno 1990”. Diventerà il compito di assimilare e tradurre questo avvenimento ecclesiale, a partire dalla prima lettera pastorale “Pietro e Maria”. In diverse pagine risalta l’attenzione per i preti, i diaconi, il seminario e le vocazioni. Scrive: “A Novara potrei programmare degli incontri con i preti nelle otto zone vicariali, con una mia meditazione e la presentazione della realtà locale, nei suoi aspetti più essenziali, da parte di qualche prete appositamente incaricato”.
A riguardo dei fedeli laici il vescovo si esprime in una pagina meritevole di attenzione: “Se voglio fare bene il vescovo e adempiere giustamente i miei doveri di maestro, sacerdote, pastore, devo usufruire della collaborazione dell’intera comunità”. L’autorevole Direttorio dei Vescovi, che mons. Corti sta meditando, lo conduce ad affinare “una specie di fiuto apostolico per scoprire, accogliere, sostenere, valorizzare tutte le energie di fede pura, sincera, magari anche molto semplice presenti nel popolo cristiano”. E commenta, in riferimento a san Giovanni Paolo II: “Ho l’impressione che il Papa sia guidato da questo fiuto”.
Emerge più volte la “nube dei testimoni” che racchiude antichi pastori, padri della chiesa, santi e maestri spirituali che sono per lui fonte di ispirazione e preziosi interlocutori, tra i quali Henri Nouwen e soprattutto il card. John Henry Newman, dal quale prende il motto episcopale: “Tra le conversioni a cui dispormi ve ne sono alcune di carattere propriamente spirituale profondo e altre che, forse solo in modo improprio, possono chiamarsi conversioni. Mi vengono alla mente, ora, due suggerimenti di stile quotidiano: quello offerto da Newman con il suo motto ‘Cor ad cor loquitur’, e poi quello illustrato da Nouwen sulla ‘leadership cristiana’, ispirato alle tre tentazioni di Gesù nel deserto, all’inizio della vita pubblica. Quanto a Newman, la conversione alla coltivazione dei rapporti personali potrà/dovrà tenere conto che Novara, in termini numerici, è un decimo della diocesi di Milano. Perciò la presenza/azione del vescovo potrà essere più familiare che non qui, con l’attenzione sia al cammino ordinario della comunità, sia ai momenti gioiosi e soprattutto tristi delle persone”.
Mons. Corti si sta preparando a lasciare la diocesi ambrosiana dove è stato apprezzato formatore in seminario e per dieci anni vicario generale e vescovo ausiliare del card. Carlo Maria Martini. E’ consapevole di affrontare un passaggio segnato da continuità ma anche da novità. Scrive: “Diocesi di Milano e diocesi di Novara: storia per versi collegata, ma anche tanto differente. Devo farmi novarese con i novaresi, non trasportare Milano a Novara”. Nel giorno della nomina ufficiale annotava: “Il primo gesto che ho compiuto oggi, dopo la nomina, può parere banale: ho acquistato una cartina topografica della provincia di Novara. Incontrandomi con il vescovo ausiliare S. E. Mons. Franzi, con il vicario generale mons. Germano Zaccheo e con don Walter Ruspi, la cartina è diventata quasi vocabolario per pronunciare le prime parole su una realtà (fatta di persone) che è per me tutta da scoprire/amare/servire. E tra i doni che gentilmente mi sono stati portati da Novara, forse uno va messo in primo piano: il libro del sinodo ventesimo. Mi sembra un segnale chiaro/forte del lavoro che mi attende nei prossimi anni: aiutare una comunità a vivere le scelte fatte e tradurle con realismo/intelligenza nella vita di tutti i giorni”.
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