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«Sono grato a Dio, piuttosto “frastornato” dalla nomina e, pensando alla mia gente di Novara, mi trovo quasi imbarazzato, perché travolto da un affetto per il quale non trovo parole, che mi commuove. Mi viene da dirvi: “Sono felice perché siete contenti”. E non nascondo di trovarmi anche parecchio “spiazzato” perché, senza infingimenti, mi sento davvero piccolo e indegno di fronte alla grazia di essere Vescovo, successore degli Apostoli. Roba che fa tremare i polsi». Dopo l’annuncio ufficiale, i tantissimi messaggi di congratulazioni che gli sono arrivati – «a tanti non sono riuscito ancora a rispondere» – l’emozione traspare ancora chiara dalle parole di mons. Filippo Ciampanelli, quando a tarda sera – dopo una giornata di lavoro al Dicastero – commenta al telefono la notizia della sua prossima ordinazione episcopale.

Lo fa parlando della gente, «che ha condiviso con me questa gioia. Tante persone delle mie terre stanno ravvivando in me mille ricordi familiari, scolastici, del seminario, della mia parrocchia, delle altre comunità che ho conosciuto e frequentato; e poi tanti sacerdoti, bravi sacerdoti novaresi». E si arriva a parlare dei suoi parrocchiani di San Tommaso d’Aquino, la parrocchia di Tor Tre Teste nella zona periferica est di Roma, dove quando non è impegnato in Vaticano presta servizio pastorale. «È come una seconda casa per me. Sin da quando ero studente a Roma, lì mi sono occupato dei giovani e della catechesi; e negli ultimi otto anni mi sto dedicando ai percorsi prematrimoniali e ai gruppi famiglia: sono parecchie ormai le coppie che ho avuto la gioia di “sposare”, e che formano un po’ la mia famiglia romana». È stata proprio la “sua” comunità la prima incontrata dopo l’annuncio di mezzogiorno di domenica scorsa.

«Si sa che i romani sono “de core”: leggendo che ero stato nominato “vescovo titolare” di Acque di Mauritania, in tanti, appena arrivato, mi son venuti incontro sul piazzale della chiesa, stupiti e addolorati perché – secondo loro – sarei stato trasferito in Africa, a rifondare una diocesi perduta… quindi grandi raccomandazioni di stare attento, lacrime e affetto, tanto quasi da impedire di spiegare che in realtà sarei rimasto a Roma perché si trattava solo di una sede titolare…».

Un affetto che si è fatto fortemente sentire da Novara. «Nonostante sia lontano dalla diocesi da molto tempo, anche se appena ne ho la possibilità sono sempre felice di tornarvi, in tantissimi mi hanno scritto». E questo legame con la sua Chiesa natale sarà reso ancora più evidente il giorno dell’ordinazione episcopale, mercoledì 19 febbraio: dal lunedì precedente a Roma saranno presenti i 600 pellegrini del pellegrinaggio diocesano giubilare, che così potranno essere presenti in San Pietro per la celebrazione. «Non è stato facile far coincidere le date, mi dicono che è una follia preparare un’ordinazione in poco più di un mese mentre continua il lavoro di ufficio, però la presenza della mia diocesi a Roma, dove vengo ordinato a motivo della mia attuale missione, è davvero un’occasione unica, imperdibile. Avere Novara qui vicina è un dono immenso».

Ma come cambierà la vita quotidiana, una volta ordinato vescovo? «Continuerò il mio servizio come sotto-segretario del dicastero per le Chiese orientali», spiega don Filippo. Chi sono i fedeli di cui vi occupate? «Sono quei cattolici di rito diverso da quello latino. Sono comunità con storie antiche, con tradizioni proprie, non solo rituali, ma anche spirituali, teologiche, disciplinari… E sono presenti in zone attraversate da gravi conflitti: Ucraina, Terra Santa, Siria, Libano, Iraq, Caucaso, Tigray… Il significato fondamentale del nostro lavoro è far sentire loro la vicinanza effettiva della Santa Sede. Oggi molti dei membri di queste Chiese si trovano già al di fuori dei loro territori di origine oppure stanno emigrando: troppa gente, che ha dovuto lasciare la propria terra, va aiutata a non perdere anche le proprie tradizioni religiose entrando in nuovi contesti. Proviamo ad accompagnarli. Loro sentono forte il legame con Roma e noi cerchiamo di non lasciarli soli. Forse, da vescovo, farò qualche viaggio in più per incontrarli a nome della Santa Sede. E comunque, se vi avanza ancora una preghiera per loro, e magari anche per me, ve ne sarò molto grato!».

La biografia

Nato il 30 luglio 1978 a Novara, originario della parrocchia di Sant’Antonio di Padova, don Filippo Ciampanelli è stato ordinato sacerdote dal card. Renato Corti il 21 giugno 2003, dopo aver intrapreso il cammino formativo e di discernimento nel Seminario diocesano San Gaudenzio, iniziato sin dal ginnasio. Divenuto prete, ha proseguito gli studi, conseguendo il dottorato in teologia (con una tesi su San Bonaventura) presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma. Il 1° luglio 2009, dopo aver frequentato la Pontificia Accademia Ecclesiastica e un periodo di tirocinio in Pakistan, è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede. È stato poi impiegato nelle Rappresentanze Pontificie in Georgia, Armenia, Azerbaigian e in Bielorussia. Dal settembre del 2015 all’aprile 2024 ha prestato servizio presso la Sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato. Proprio nello scorso aprile, è stato nominato da Papa Francesco sotto-segretario del Dicastero vaticano per le Chiese orientali, guidato dal prefetto card. Claudio Gugerotti e dal segretario mons. Michel Jalakh.

L’articolo, assieme ad altre notizie dal territorio della Diocesi di Novara, sul nostro settimanale in edicola a partire da venerdì 17 gennaio. Il settimanale si può leggere abbonandosi o acquistando il numero che interessa cliccando direttamente sopra a qui.

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