In occasione del terzo anniversario della morte, che ricorre il prossimo 12 maggio, la Fontana di Siloe pubblica “Renato Corti. Il cesellatore di anime” una raccolta di commenti e approfondimenti sulle lettere pastorali del vescovo emerito di Novara. Alla vigilia della della Giornata di Fraternità del clero che si terrà domani, martedì 2 maggio al Sacro Monte di Varallo, nella quale verrà fatto dono ai sacerdoti del volume, pubblichiamo integralmente la prefazione all’opera del vescovo Franco Giulio Brambilla.
“Renato Corti. Il cesellatore di anime” è un’opera a cura di Roberto Cutaia e Matteo Albergante, edita da “La Fontana di Siloe”, nelle librerie dallo scorso 21 aprile. «Nel volume – scrivono i curatori – non lasciamo solo risuonare la sua vita, come abbiamo fatto ne “Il cuore parla al cuore”, ma presentiamo il suo insegnamento, in cui i temi ecclesiologico e cristologico si intrecciano a quello più propriamente pastorale».
Introduzione di mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara
Questo volume nasce dall’intuizione di commentare, nel terzo anniversario della morte del compianto monsignor Renato Corti, poi da emerito nominato Cardinale, le 15 Lettere o Note pastorali da lui inviate alla Diocesi nei 21 anni del suo episcopato novarese. Leggerle tutte di seguito, attraverso il caleidoscopio dei commenti che sono raccolti in questo volume, è un’esperienza sfidante e arricchente. Attraverso di esse si può ricostruire il filo rosso delle preoccupazioni che il vescovo di Novara, primo Vicario Generale del cardinal Carlo Maria Martini, portava con sé transitando dalla città di Ambrogio a quella di Gaudenzio. Il parallelo è facile ma felice, perché ripete con variazioni sul tema quello tra san Carlo e il suo segretario Giovanni Francesco Bascapé, che poi prese il nome dal suo mentore. L’uno, Bascapé, riformatore come il grande Borromeo, l’altro, Corti, cesellatore d’anime, come dettava il suo motto newmaniano cor ad cor loquitur.
Chi avrà la pazienza di ripercorrere, con il viatico dei commenti di questo volume, gli scritti pastorali del vescovo Renato, s’accorgerà agevolmente che si tratta di una particolare interpretazione del genere letterario Lettera pastorale, su cui l’insegnamento dei vescovi del postconcilio ha prodotto infinite variazioni. In verità si tratta di una forma del magistero pastorale, dove l’aggettivo copre una moltitudine di valenze difficilmente riconducibili ad unità. Il termine “pastorale”, infatti, per sé si riferisce al sapere pratico, il quale tende a immaginare la Chiesa di domani, indicando convinzioni e azioni per edificare la comunità credente come segno reale del Vangelo per gli uomini e per le donne del proprio tempo. L’azione ecclesiale nel mondo, come la pratica cristiana personale, sono due forme dell’agire che costruiscono il credente e la Chiesa nella loro profonda interazione, che è nullameno che la comunione dei santi.
Se la “teologia pastorale” è la riflessione critica sulla prassi della Chiesa, la “pastorale” – e gli scritti che la illustrano – si riferisce alla sapienza dell’agire ecclesiale. Il suo dire si dovrebbe, dunque, alimentare a un linguaggio sapienziale, che riflette, orienta e intima un agire ecclesiale che costruisca un’immagine evangelizzante della Chiesa, corrispondente alla sua natura. Detto semplicemente: dice che cosa la Chiesa fa per realizzare che cosa la Chiesa è! Solo che l’agere non semplicemente sequitur esse, ma tra natura e missione della Chiesa v’è un rapporto circolare, come mostra senz’ombra di dubbio il primo Millennio cristiano e anche oltre. Per cui il genere letterario del magistero ecclesiale sarebbe quello di un Liber pastoralis. Le lettere pastorali dei vescovi trovano la loro giusta lingua nella capacità di interpretare e guidare il vissuto ecclesiale della Chiesa locale, allo stesso modo che gli scritti degli uomini e delle donne spirituali forgiano un linguaggio che esprime il loro vissuto spirituale. Vissuto spirituale e pratica pastorale parlano due lingue molto simili, perché attingono al sapere pratico, che è simbolico, edificante e incoraggiante.
Su questo sfondo è agevole intuire, sia dalla lettura diretta degli scritti pastorali di mons. Corti, sia dai commenti qui raccolti, che la loro lingua sia una felice contaminazione di pastorale e spirituale, imbevuta di molti riferimenti al magistero del Concilio, dei Papi di quel tempo e dei documenti dei vescovi italiani. La storia personale di maestro di spirito del vescovo Renato inclinava a leggere l’agire ecclesiale riportando sempre la riflessione al cuore, concentrandola sul Vangelo e dilatandola verso gli orizzonti della missione apostolica. Cuore, Vangelo, Missione sono per così dire i tre cerchi concentrici che mettono in moto la sua sapienza pastorale. Attorno a questi tre cerchi si possono agevolmente raccogliere a gruppi le lettere del vescovo di Novara, che hanno accompagnato la preparazione, la celebrazione e la ricezione del Grande Giubileo dell’anno duemila.
Il primo gruppo delinea le linee di forza del servizio pastorale come lo intendeva mons Corti: i due polmoni della Chiesa, come comunità ministeriale e agapica (Pietro e Maria, 1991) e perciò generante e apostolica (Ecclesia Mater, 1992; Paolo e Barnaba, 1993; Famiglia per educare, 1994), che ritrova il suo roveto ardente nell’Eucaristia e nella Carità (Il grande segno, 1995; Eucaristia e carità,1996). Il secondo gruppo introduce nel mysterium magnum dell’incarnazione, preparando e celebrando il Grande Giubileo del secondo Millennio (A immagine di Cristo, 1997; Tornerò da mio Padre, 1998; Insegnaci, Signore, i tuoi sentieri, 1999). Infine, il terzo gruppo, raccogliendo la consegna della Novo Millennio Ineunte di Giovanni Paolo II (2001), tratteggia le forme della santità (Primo, la Santità, 2001), per giovani, per i cristiani e per la loro missione nel mondo (Un giovane diventa cristiano, 2003; Splendete come astri nel mondo, 2006); Rivestitevi di Cristo, 2007; Fate tutto quello che vi dirà. Vivere da cristiani nel mondo, 2008; Camminiamo insieme, 2009).
Come si può notare si tratta di un grande affresco che attraversa la soglia del nuovo Millennio, restando tenacemente e intimamente attaccato all’intuizione originale di un cristianesimo “cordiale”, da cesellatore d’anime, perché non smette di parlare cor ad cor. Così il ministero episcopale del vescovo Corti resta impresso per sempre nel nostro cuore!
Il vescovo di Novara mons. Franco Giulio Brambilla