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Non fu un anno facile il 1944 in Italia, nelle città, nei luoghi lungo la linea Gotica, gli Appennini, le Alpi, oltraggiati dalle stragi.

La Valsesia non fece eccezione. I nazifascisti cercavano di recuperare terreno nei confronti delle terre liberate dal movimento partigiano e le rappresaglie si succedevano, sino all’episodio del bombardamento di Rimella, il 1° marzo del 1944, a opera di un aereo tedesco. Rassa, Varallo, Alagna, Borgosesia, i luoghi dove si manifestò più dolorosamente la rabbia dell’occupante.

Giusto ottant’anni fa, tra il 12 e il 13 marzo, ci fu l’attacco verso il piccolo borgo della Valle dei Tremendi, gli orgogliosi montanari che seppero opporsi alle scorrerie delle bande di Fra Dolcino. Rassa, in quel momento, era divenuta retrovia, centro di raccolta di numerosi partigiani delle formazioni garibaldine del Biellese, che si stavano ritirando dal rastrellamento in corso nelle vallate confinanti, e ai quali si erano uniti – si dice circa duecento – renitenti ai bandi di arruolamento della cosiddetta Repubblica di Salò che intendevano fuggire dall’ultima sciagurata avventura del fascismo.

La estraneità al territorio fu probabilmente fatale ai ragazzi che avevano scelto la via del rifiuto di servire lo straniero e ai Resistenti. Numerose testimonianze si sono succedute a spiegare la dinamica che portò alla morte di alcuni partigiani in combattimento e alla fucilazione di altri presso il cimitero del piccolo villaggio montano. Sette i caduti (uno di essi, Ermanno Agosti, “Lupo”, curato con mezzi di fortuna, non sopravvisse alle ferite riportate); undici i fucilati, fra essi la partigiana Nella che, incinta, non venne risparmiata dalla ferocia dei militari delle SS e della HilfPolizei, con il supporto della Legione Tagliamento.

Non ci furono valligiani uccisi. Venne bruciata la frazione Albergo (Birch), da dove i partigiani avevano cercato di ostacolare la risalita della colonna degli autocarri nemici.

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