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Francesca Giordano, Presidente dell’Ente Gestione Sacri Monti del Piemonte

Il rapporto che lega Varallo a quel suo gran teatro montano, per usare le parole care a Giovanni Testori – del quale ricorre proprio quest’anno il centenario della nascita – realizzato super parietem sul finire del Quattrocento per volontà del francescano Bernardino Caimi è particolarmente stretto. Un rapporto che, dal punto di vista storico-artistico, vede nel pittore valsesiano Gaudenzio Ferrari, nativo di Valduggia e astro brillante nel firmamento della pittura lombarda e italiana del primo Cinquecento, un vero e proprio caposaldo. A lui infatti viene attribuito il merito d’aver dato al Sacro Monte di Varallo e di rimando agli altri Sacri Monti, realizzati successivamente, quell’intonazione teatrale, unica e speciale, in cui affreschi e statue dialogano tra loro dando vita a rappresentazioni popolari di grande valenza e fascinoso coinvolgimento.

Al pari del pellegrino d’un tempo, il visitatore oggi può compiere un viaggio alla scoperta dell’attività varallese di Gaudenzio facendo iniziare il proprio percorso ai piedi dell’antica strada pedonale che ancor oggi conduce in una decina di minuti dalla chiesa francescana di Santa Maria delle Grazie al Sacro Monte. Edificata a partire dagli anni Ottanta del XV secolo, la chiesa costituisce simbolicamente l’avvio della grande avventura sacromontana. È qui che Gaudenzio lascerà, oltre agli affreschi della cappella Scarognino (1507), una delle sue opere più celebri, le Storie della vita e della Passione di Cristo dipinte sul tramezzo della chiesa. Il ciclo di affreschi, datato e firmato «1513 Gaude(n)tius Ferrarius Vallis Siccide pinxit», è stato commissionato al pittore dalla stessa comunità varallese e costituisce una sorta di “prologo” al Sacro Monte.

Al principio del volumetto «Questi sono li misteri che sono sopra el Monte di Varalle», prima guida a stampa edita nel 1514, infatti il convento delle Grazie, «productivo fonte», viene opportunamente segnalato al pellegrino come prima tappa del percorso di salita al Monte. 

Osservando poi con attenzione il tramezzo, in particolar modo la monumentale Crocifissione, si possono notare numerosi elementi a rilievo, in particolare le armature dei soldati e le bardature dei cavalli assiepati ai piedi della croce, che assumono il tono suggestivo d’un preludio a quel «teatro popolare» d’affreschi e statue che è il Monte varallese.

Uscendo dalla chiesa, non resta che salire dunque a quel luogo dove il nostro Gaudenzio ha lavorato lungamente, tra la fine del Quattrocento, al fianco probabilmente del suo maestro Stefano Scotti, come sembrano dimostrare gli affreschi provenienti dalla cappella del Sepolcro della Vergine, oggi conservati nella Pinacoteca di Varallo, e gli anni Venti del secolo successivo, dando vita ad alcune delle cappelle più spettacolari e complesse, frutto d’una attenta regia compositiva capace d’attualizzare e rendere eterna l’universalità dei sentimenti e delle emozioni.

Tra queste vi sono la cappella dell’Arrivo dei Magi (n. 5; 1521-1525 ca.), con quel Re in terracotta che, primo ad arrivare all’uscio della grotta, compie l’umile e naturale gesto di levarsi il cappello, e naturalmente quella della Crocifissione (n. 38; 1517-1520 ca.), capolavoro indiscusso di Gaudenzio e saldo punto di riferimento per le generazioni successive d’artisti attivi al Sacro Monte.

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