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Una storia editoriale lunga più di mezzo secolo, che racconta della passione intellettuale per una delle figure più rilevanti del pensiero europeo del XIX secolo, ma anche della dedizione per un testimone della fede ancora attualissimo.

È l’Edizione Nazionale e Critica delle opere di Antonio Rosmini, voluta nel 1975 dal filosofo Michele Federico Sciacca cui hanno lavorato una ventina di curatori per un totale di 60 volumi, e che quest’anno si conclude con la pubblicazione degli Scritti autobiografici. Diari di Antonio Rosmini (editi da Città Nuova) .

A presentarli, in un recente incontro a Borgomanero, il curatore: padre Ludovico Maria Gadaleta, direttore della Biblioteca del Centro Internazionale Studi Rosminiani di Stresa, archivista generale dell’Archivio Storico dell’Istituto della Carità e autore di diversi saggi sul roveretano.

Una “guida”al suo pensiero

L’opera copre un arco temporale di quasi 58 anni, dal 1797 al 1855, l’intera vita di Rosmini. È suddivisa in 4 parti: Diario personale (termina nel 1847), Diario della Carità (termina nel 1852), Diario dei viaggi (termina nel 1854) e Giornale dei miei scritti (termina nel 1847). Con biografie, appendici e indici, un totale di quasi mille pagine e 2350 note, per 30 mesi di lavoro. Inizialmente era stata pensata come la prima dell’intera edizione critica, ma la redazione come ultimo tassello del progetto la rende un prezioso strumento per approcciare in modo sistematico il complesso pensiero rosminiano: di ogni opera dell’Edizione Critica Rosmini (nel testo) e Gadaleta (nelle note) descrivono la genesi, la contestualizzazione storico-critica-teoretica, lo sviluppo, fino alle vicende che hanno richiesto la ristampa di edizioni successive con aggiunte, revisioni e integrazioni.

Il testo concepito dal sacerdote filosofo

Rosmini ha scritto i diari negli ultimi anni di vita e «sarebbero dovuti servire dopo sua morte per difenderne la memoria» e soprattutto per tutelare «l’Istituto, vero bersaglio degli attacchi dei nemici», spiega Gadaleta nell’introduzione, riferendosi alla dolorosa vicenda che vide 40 proposizioni del pensiero del sacerdote filoso autore de “Le cinque piaghe della Chiesa” condannate, nel 1887, dal Sant’Uffizio. Rosmini, prosegue il curatore, «sa che quanto scrive servirà per la futura storia dell’Istituto e come riferimento per le inevitabili vicende che seguiranno (apertura e chiusura di case, convenzioni, ecc.) e, pertanto, può accennare alla slealtà di alcuni personaggi e alle testimoniali di amicizia di molti altri».

Il lavoro di Gadaleta

In questa prospettiva si è concentrato il lavoro di Gadaleta, che ha ricostruito in profondità il contesto storico e relazionale nel quale Rosmini ha scritto i diari, dando un “volto” e un nome non solo ai personaggi noti dell’Italia dell’800, ma ad ogni uomo o donna anche solo menzionati dall’autore, come nel caso, ad esempio, del suo medico condotto. Con attenzione persino ai luoghi di Rosmini, ricostruendo la toponomastica delle città dell’epoca e citando i riferimenti storici agli ostelli e le locande dove il roveretano sostava nei suoi numerosi viaggi.

Incontrare Rosmini

Ma qual è il valore aggiunto degli Scritti autobiografici? «Nei Diari – conclude Gadaleta – abbiamo l’opportunità di incontrare Rosmini visto da Rosmini, che si pone davanti alle vicende umane personali e del tempo con una lettura di se stesso, degli altri e delle vicende secondo i criteri della fede e della ragione, sforzandosi di guardare oltre le ingarbugliate trame degli uomini, per scorgere la sapiente e amorevole mano di Dio, perché tutto ciò che si fa, o voluto o permesso da Dio, è fatto da un eterno, da un infinito, da un essenziale Amore».

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