“Non passa lo straniero!”. Nessuna guerra santa, ma la parola d’ordine per migliaia di Coltivatori Diretti che si sono ammassati al Brennero contro l’arrivo di prodotti esteri camuffati da cibo italiano, il cosiddetto “fake in Italy”. Negli ultimi dieci anni, le importazioni sono aumentate del 60% raggiungendo il valore record di 65 milioni di euro. Se si aggiunge l’altro falso Made in Italy che circola nel mondo, ovvero l’“Italian Sounding”, si arriva alla cifra spaventosa di 150 miliardi.
Al Brennero, con giubbe, cuffie e berretti gialli – “dress code” d’ordinanza di Coldiretti – c’era anche una folta rappresentanza arrivata dal Novarese e dal Verbano Cusio Ossola. E quando i doganieri hanno effettuato i controlli ai Tir in arrivo dall’Austria, le sorprese non sono mancate. Nessuno si aspettava, ad esempio, che su uno di quei convogli, ci fosse anche uva indiana spedita a un’azienda di Biandrate, oltre a cosce di maiale dirette a Modena che rischiano di diventare prosciutti italiani. Ancora: frutta sudafricana con destinazione Sicilia, preparati industriali a base di uova prodotte in Polonia, destinazione Verona. Fabio Tofi, presidente di Coldiretti Novara-Vco, e il direttore Luciano Salvadori, così come il vicepresidente Fabrizio Rizzotti e tutti gli altri, non credevano ai loro occhi: “Ci dicevano che alla frontiera questa volta non avremmo trovato camion in ingresso che trasportavano prodotti agroalimentari come li avevamo incrociati negli anni scorsi. I fatti hanno dimostrato il contrario. Troppi prodotti stranieri diventano italiani una volta varcato il confine. Non è più accettabile: vogliamo una giusta trasparenza rispetto a quelle che sono le informazioni che devono essere date ai cittadini. Serve l’obbligo di origine a livello europeo. Poi siano i cittadini a scegliere con consapevolezza che cosa acquistare”.
L’invasione non risparmia alcun settore. Nel 2023 hanno attraversato le frontiere 5 miliardi di chili di prodotti ortofrutticoli con un aumento del 14% rispetto all’anno precedente. Uno dei prodotti simbolo sono le patate. Ammontano a 251 milioni di chili le importazioni di piselli tra freschi e secchi (+20%), mentre quelle di fagioli sono pari a 176 milioni di chili (+9%). Di pere 127 milioni (+15%) ma è boom soprattutto per pesche e nettarine balzate a 108 milioni di chili (+74%). Crescono a doppia cifra le importazioni di kiwi (+23%) pari a 80 milioni di chili: quasi un paradosso, se i considera che l’Italia è il terzo produttore mondiale dopo Cina e Nuova Zelanda.
A questi vanno aggiunti i prodotti trasformati come i succhi di frutta. Nel 2023 ne abbiamo importati 202 milioni di chili, il 25% in più rispetto al 2022. Invasione anche di cereali. Gli arrivi di grano tenero per pane e biscotti sono stati di 4,88 miliardi di chili, l’8% in più rispetto a dodici mesi prima. Latte sfuso pari a 884 milioni di kg, in aumento del 47% rispetto al 2022, altri 302 milioni di kg di confezionato. Ci sono anche 593 milioni di chili di formaggi e latticini arrivati nel 2023 (+11%). Tra le carni, le importazioni maggiori hanno riguardato quelle di maiale, pari a 992 milioni di chili (+4%), davanti alle bovine con 375 milioni di chili (+5%) mentre quelle di pecora ammontano a 29 milioni di chili (+14%).
Quanto al riso, l’import di quello straniero, soprattutto asiatico, già confezionato in scatola e pronto per la grande distribuzione, ha raggiunto le 400 mila tonnellate, mettendo in crisi anche l’industria di trasformazione italiana. Di più: il cereale che bussa alle frontiere europee sovente è inquinato, con residui di antiparassitari da noi proibiti o superiori ai limiti da noi consentiti. Come dimostra il “Rapid Alert System” che blocca partite di riso dubbie. Recentemente sono stati respinti ai controlli della Francia due carichi provenienti dall’India per la presenza di Triciclazolo; un altro Tir è intercettato in Norvegia, trasportava riso pakistano con presenza di Acetamiprid, Imidacloprid, Thiamethoxam, formulati vietati. In Svezia respinto un riso Basmati indiano per presenza di Thiamethoxam. Sono alcuni esempi di un fenomeno molto più vasto, che cerca di bucare le maglie dei controlli attraverso triangolazioni commerciali e lasciapassare di altri Paesi. Cristina Brizzolari, azienda risicola a Casalbeltrame, presidente Coldiretti Piemonte: “Dinanzi a quella che è una vera invasione di prodotti stranieri vogliamo il rispetto del principio di reciprocità: le regole imposte ai produttori europei devono valere anche per chi vuole vendere nel mercato Ue”.
Gianfranco Quaglia, direttore
di Agromagazine