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Di seguito pubblichiamo la testimonianza di un gruppo di tre giovani che quest’anno ha partecipato al percorso formativo R-Estate in missione, promosso dal Centro Missionario Diocesano. A conclusione del cammino, hanno vissuto un’esperienza in Brasile, nella comunità di Nòva Modica.

Prendere parte a un viaggio in missione è un’esperienza talmente travolgente che, una volta rientrati a casa, è difficile trovare le giuste parole per raccontarla. Ciò che rimane sono fotografie, sensazioni, profumi, immagini, ricordi ed emozioni.

Siamo Benedetta, Jessica e Luca, tre giovani della diocesi di Novara che, nel mese di agosto, sono partiti per il Brasile presso la comunità di Nova Módica nello stato del Minas Gerais, accompagnati da Luciano Agazzone che, da anni, gestisce e supporta la missione fondata da Don Gianni Sacco.

Non sappiamo, di preciso, che cosa ci abbia spinti a partire; sappiamo solo che abbiamo sentito qualcosa dentro di noi, come un desiderio che non siamo più riusciti a ignorare. Ci sembra di poter definire questa esperienza brasiliana un’occasione di vita, resa possibile dalla partecipazione al cammino per giovani «R-Estate in Missione», organizzato dal Centro Missionario Diocesano.

Il viaggio in Brasile ha segnato, nel profondo, le nostre vite. In particolare l’amore che abbiamo ricevuto era talmente grande che non ci sembrava possibile accoglierlo totalmente. È come se le nostre braccia non riuscissero a stringere tutto l’affetto che i bambini, gli adulti e le famiglie ci hanno donato. Ci basta ricordare i sorrisi e gli abbracci gratuiti e spontanei dei bambini, lo sguardo delle donne che ci hanno aperto le porte delle loro case, le voci sulla strada che urlavano “los italianos” per salutarci, l’affetto sincero di una mamma brasileira che ci ha accolto in casa sua e ci ha viziati come figli suoi.

Durante la nostra esperienza missionaria abbiamo avuto l’opportunità di conoscere il Projeto “Aprender Brincando” (imparare giocando) fondato da don Gianni Sacco, la cui finalità è accogliere bambini e preadolescenti nelle ore che precedono e che seguono la scuola, per evitare situazioni di abbandono e di trascuratezza, fornendo loro cura e assistenza materiale, ma soprattutto affettiva. Le educatrici del progetto vengono chiamate “Tias” (zie), poiché rappresentano dei veri punti di riferimento per i piccoli.

Abbiamo anche visitato l’orfanotrofio di Teófilo Otoni, dove abbiamo ascoltato alcune storie di bambini abbandonati, fragili e soli, moltissimi dei quali sono stati vittima di abusi e di violenze. L’importanza da questa struttura è davvero grande perché restituisce a tanti minori il diritto di vivere e di sognare un futuro migliore.  

E poi la visita alle famiglie a Nova Módica, consegnando loro delle ceste basiche con cibo e beni di prima necessità, acquistate grazie al supporto delle donazioni provenienti dall’Italia, ci ha permesso di entrare con delicatezza nelle loro case, toccando con mano la loro povertà. Una povertà, in alcuni casi, non solo economica, ma anche sociale e di speranza.

Una mattina siamo stati invitati a prendere parte a un incontro con gli studenti della scuola superiore. È bastato guardarli e ascoltarli, nonostante le difficoltà della lingua, per capire il loro desiderio di una vita migliore, se solo venisse loro offerta una reale possibilità.

Una delle esperienze più toccanti è stata la visita alla casa di riposo di Pescador, dove sono ospitati anziani e persone con diversi tipi di disabilità. Senza quella struttura sarebbero tutti abbandonati lungo le strade. Tuttavia le condizioni di vita all’interno della struttura sono ben diverse dalle nostre “case di riposo” o “residenze per anziani”. Passando per i corridoi, sbirciano nelle stanze, abbiamo provato un forte senso di disagio e di tristezza. Ci siamo domandati dove fosse finita la dignità di un uomo che rimaneva sdraiato sul pavimento, immobile, senza dire niente, con gli occhi rivolti al soffitto. Dove fosse l’umanità di un altro che dormiva su una panca in legno tutto rannicchiato. Dove fosse la bellezza delle donne che mangiavano con le mani da alcune ciotole e ci guardavano con lo sguardo spento.

Nel corso delle settimane in terra brasiliana, abbiamo avuto la fortuna di visitare alcune città del Minas Gerais, distanti qualche ora di auto da Nova Módica, permettendoci di conoscere la vita frenetica delle grandi città. E dal caos delle strade cittadine, ci siamo diretti anche nella Roça, dove abbiamo trascorso alcuni giorni, che si sono rivelati i più belli ed emozionanti delle nostre vite. Un angolo di paradiso circondato da colline di terra rossa, pascoli, laghetti e prateria. Lì abbiamo potuto, per la prima volta, cogliere i cocchi direttamente dall’albero, potendone bere il latte fresco; abbiamo tagliato rami di canna da zucchero per ricavarne il succo, il caldo de cana, da cui viene prodotta la Cachaça; abbiamo raccolto la manioca dalla terra, per poi gustarla fritta a mezzogiorno; abbiamo munto le vacche, cavalcato, ascoltato il silenzio della sera, osservando un magico cielo stellato. Momenti indimenticabili che ci hanno fatto sentire vivi, spensierati immersi in una bellezza che continua a esserci offerta perché la possiamo condividere in particolare con i piccoli e i poveri. È proprio l’Amore gratuito che ci è stato donato in abbondanza a farci sentire, ora, molta “saudades” (nostalgia) di quei volti, di quei sorrisi, di quel Paese che abbiamo imparato a conoscere.

Vorremmo concludere questa nostra testimonianza ricordando una persona speciale: si chiama Natalia, ha 25 anni ed è una mamma bellissima di due bambine altrettanto meravigliose. Anche lei aveva dei sogni, sicuramente il primo era quello di accompagnare le sue bambine nella loro crescita. Ora Maria è con il Signore, e noi Lo preghiamo perché sia Lui ad accompagnare le bambine lungo le strade della vita. Magari affidandole ancora alla loro mamma. “Até logo” (a presto) Brasil!

Jessica, Benedetta e Luca

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