Una perla preziosa, di grande valore, nata da una visione lungimirante e fatta crescere con coraggio, coltivando tra difficoltà ma anche tenace perseveranza, la regola dell’ora et labora. È così che dovremmo interpretare la comunità monastica Mater Ecclesiae dell’Isola di San Giulio. A dare una guida per leggerne il senso profondo è stato il nostro vescovo, Franco Giulio Brambilla, nell’omelia della concelebrazione di mercoledì 11 ottobre tenutasi in occasione del cinquantesimo di fondazione del monastero benedettino.
Un momento di preghiera e di riflessione in un tempo raccolto e solenne al quale hanno partecipato moltissimi sacerdoti, tanti fedeli e le autorità. Con loro anche le monache, riunite intorno alla badessa, madre Maria Grazia Girolametto che dopo avere fatto l’ingresso processionale in chiesa precedendo quello dei celebranti, si sono sistemate nel lato sinistra della Basilica, accompagnando la messa con il canto e la preghiera.
È stato però all’assemblea che almeno idealmente si è rivolto il vescovo durante la sua Omelia per condurla ad una «visita guidata che da una visione panoramica porterà – ha detto il vescovo – fin dentro al cuore del monastero per ascoltare la lode gioiosa e la preghiera unanime e attraversare corridoi e celle per sentire l’atmosfera della carità».
Mons. Brambilla per seguire l’itinerario è partito da due figure cui si deve la nascita del monastero, monsignor Aldo del Monte e madre Anna Maria Canopi che fendendo la nebbia dell’incertezza con coraggio si sono lanciati in un’impresa «sorretta dalla visione di una perla preziosa di grande valore – ha detto citando la lettura del Vangelo – con uno sguardo di fede e con coraggio da leoni».
Il vescovo ha successivamente lanciato uno sguardo sulla vita monastica vedendolo riflesso nelle letture della giornata, ha parlato dell’impegno sulla regola benedettina dell’Ora et Labora e dell’infinita serie di opere compiute per adattare il monastero alle esigenze della comunità crescente e nel contempo servire la comunità con il lavoro di restauro.
Il vescovo ha poi invitato a tornare sulla prima lettura che presentava la chiesa degli Apostoli in preghiera con le donne e Maria «assidui e concordi nella preghiera», per leggere in esso un ritratto della vita monastica dove, appunto, la preghiera «punteggia i momenti principali del giorno, per la santificazione del tempo» mentre «cementa gli spazi, mette in armonia le menti, rappacifica l’animo». Un «carme secum invicem (carme a cori alterni) – ha detto ancora il vescovo citando questa volta un brano di Plinio il giovane che descriveva così la preghiera dei primi cristiani – innalzato alla gloria del Signore vivente, un fiume di preghiera dal quale sono sgorgati gli scritti di Madre Canopi».
Al termine della celebrazione le monache sono fluite verso l’uscita accompagnate da uno spontaneo e caloroso applauso. Un segno dell’affetto e della riconoscenza della gente per una presenza che è diventata parte integrante e un riferimento per tutta la comunità cristiana novarese.
Servizio completo, con approfondimenti e uno scritto di Madre Maria Grazia Girolimetto, sui nostri giornali in edicola il 13 ottobre. Il settimanale si può leggere anche online, abbonandosi o acquistando il numero che interessa direttamente qui.