La Presidente Ursula Von Der Layen ha annunciato la proposta della Commissione europea di downgrade dello status del lupo da “strettamente protetto” a “protetto” in considerazione del fatto che “la concentrazione di branchi di lupi in alcune regioni europee è diventata un pericolo reale soprattutto per il bestiame”. È quanto riferisce con soddisfazione la Coldiretti nel sottolineare che la decisione risponde alle richieste delle Autorità locali di maggiore flessibilità per gestire più attivamente le concentrazioni critiche di lupi.
I dati che registrano oltre 900 lupi presenti nelle Regioni Alpine, in particolare nelle zone del Piemonte e, soprattutto, sulle Alpi piemontesi tra il Verbano, l’Alto Novarese, la Valsesia e il Biellese ne sono stati stimati circa 600. Sono i dati del monitoraggio nazionale pubblicato nell’ambito del progetto Life WolfAlps EU, in sinergia con ISPRA. La popolazione di lupi stimata, a livello nazionale, è intorno ai 3.300 esemplari, 950 nelle regioni alpine e quasi 2.400 lungo il resto della penisola.
“Bisogna salvare vacche, pecore e capre sbranate sulle nostre montagne dove la presenza del lupo – spiegano il Presidente Novara-Vco Fabio Tofi e il Direttore Luciano Salvadori – si è moltiplicata negli ultimi anni con il ripetersi di predazioni che costringono alla chiusura delle attività e all’abbandono delle terre alte e delle aree interne. Ci sono più lupi in Piemonte di quanti ne ha l’intera Svezia, tanto per fornire una proporzione di territorio. I numeri confermano che il lupo non è più in pericolo d’estinzione, anzi il rischio vero oggi è la scomparsa della presenza dell’uomo dalle montagne e dalle aree interne per l’abbandono di migliaia di famiglie e di tanti giovani che faticosamente sono tornati per ripristinare la biodiversità perduta con il recupero delle razze storiche”.
“Serve responsabilità nella difesa, da parte delle Istituzioni e degli organi competenti, degli allevatori che con coraggio continuano a presidiare i territori, a mantenere la biodiversità nelle aree rurali e a garantire la bellezza del paesaggio contro degrado, frane e alluvioni – proseguono Tofi e Salvadori -. La difficile situazione che gli imprenditori agricoli vivono in montagna non solo mette a rischio la sopravvivenza della pastorizia, ma compromette la possibilità che nelle nostre vallate alpine permanga un tessuto sociale produttivo, con un danno rilevante per l’intera collettività”.
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