È una formula ormai collaudata che ha bisogno soltanto di qualche correttivo o il format è fuori tempo e va ripensato? Sull’esame di maturità il dibattito è apertissimo e dai dirigenti scolastici e dai docenti arrivano spunti, proposte, critiche, in ogni caso tutti contributi utili a migliorare, già durante le prove, quella che resta comunque, almeno per i ragazzi, l’unico rito d’iniziazione rimasto.
Gabriella Cominazzini, dirigente del liceo scientifico Galilei di Borgomanero e Gozzano, auspica che «si possa rivedere il sistema scolastico generale per renderlo più competitivo, con un occhio di riguardo alla preparazione di base. Il colloquio deve essere effettivamente multidisciplinare, cosa che non sempre avviene, e vanno valorizzate le prove Invalsi».
Chiara Fabrizi, per anni docente di Latino e Greco al liceo Fermi di Arona, valuta positivamente la formula attuale: «E’ corretto il peso che si dà, in termini di credito, al curriculum e alle prove d’esame. Ho sperimentato il format di quest’anno con la seconda prova, con traduzione in latino e confronto con testo greco e devo dire che secondo me è la prova più idonea per il classico e non necessariamente la più difficile. Un commissario non dovrebbe avere problemi se è di ruolo e competente. Ciò che renderei più serio è il colloquio che per lo scarso tempo a disposizione rischia di trasformarsi in un quiz».
Giuseppe Amato, preside del Fermi di Arona, puntualizza: «Anche per evitare ulteriori modifiche credo vada mantenuta l’attuale struttura. A mio avviso va aperto un confronto su aspetti connessi all’esame quali le prove Invalsi e il Pcto (l’ex alternanza scuola-lavoro ndr), entrambi oggetto di molte critiche e di opinioni contrastanti».
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