Un gesto per tenere accesa la memoria del sacrificio dei servitori dello Stato, attraverso un simbolo vivo: i frutti dell’Ulivo – e l’olio che da essi si ricava – coltivati a Capaci, nel Giardino della Memoria sorto nel luogo in cui il 23 maggio 1992 Cosa Nostra uccise in un attentato il giudice Giovanni Falcone con moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Il dono del questore al vescovo
È il senso profondo del dono consegnato questa mattina dal questore di Novara Alessandra Faranda Cordella al vescovo di Novara Franco Giulio Brambilla: una bottiglietta di olio d’oliva che giovedì prossimo sarà consacrato nella Messa Crismale. All’incontro, che si è tenuto nella Sala Maddalena del Palazzo dei Vescovi, erano presenti anche il vicario del questore Giovanni Temporale, il capo di gabinetto Dionisio Peluso, la sovrintendente Rosaria Delli Santi, il vicario generale don Fausto Cossalter e il cappellano della Polizia di Stato don Fabrizio Poloni.
«Per le donne e gli uomini dello Stato caduti nella lotta alle mafie»
«Il giardino di Capaci – ha detto Faranda Cordella -, è curato dall’associazione Quarto Savona 15, animata da Tina Montinaro, la vedova di Antonio. Il nome è quello assegnato all’auto di suo marito, distrutta nell’attentato. Il dono dell’olio frutto del loro lavoro, vuole essere un segnale forte per non fare spegnere il ricordo delle vittime di questo attentato, insieme a quelle di via D’Amelio e di quella stagione stragista. Ma anche di tutte le donne e uomini dello Stato caduti per combattere ogni forma di crimine organizzato».
Un segno di legalità che unisce Chiesa e Polizia di Stato
L’iniziativa è partita lo scorso anno dalla Sicilia e quest’anno coinvolge tutte le sedi di Polizia in Italia, con il dono dell’olio ai rispettivi vescovi delle diocesi. L’olio che sarà consacrato nella Messa del Crisma, sarà profumato, come ormai avviene da diversi anni, dall’essenza di bergamotto che arriva alle cattedrali italiane in dono dalla diocesi di Locri-Gerace, in Calabria, prodotto dalla cooperativa Policoro che coltiva terreni sottratti alle mafie.
La messa del Precetto pasquale
Dopo l’incontro con il Questore, il vescovo Franco Giulio ha presieduto la messa del Precetto pasquale per forze armate e le forze dell’ordine, concelebrata da numerosi cappellani arrivati da tutta la diocesi.
Al centro della sua omelia, la parabola della vite e dei tralci del vangelo di Giovanni. «Il tralcio separato dalla vite non dà frutto – ha detto il vescovo -. È un elemento che gli antichi conoscevano bene: noi esistiamo in quanto persone uniche, ma non possiamo pensarci se non inseriti in un corpo sociale, in una trama di relazioni». Ecco il punto di vista dal quale leggere il prosieguo del brano evangelico: «”Non vi chiamo più servi, ma amici”. È il contenuto del rapporto che abbiamo con il Signore. Quella con un amico che ci introduce nella relazione con il Padre». E allora, ha sottolineato il vescovo, il precetto pasquale, «è l’occasione per ripensare e rivedere tutte le nostre relazioni, per alimentarne la freschezza, come i frutti della primavera. Anche nel nostro lavoro, nell’impegno che vi caratterizza».