«Il luogo onde vi scrivo l’ho scelto per fare il quaresimale digiuno e dar orecchio con più raccoglimento alla voce del Signore». Così Antonio Rosmini scrive alla sorella Gioseffa Margherita il 19 marzo 1828. Da un mese si trova sul Sacro Monte Calvario di Domodossola, in compagnia del segretario don Andrea Fenner, dell’aiutante Giacomo Bisoffi e di un laico della zona per i lavori manuali. Si era dato appuntamento per il 20 febbraio con l’amico don Giovanni Battista Lowenbruck, conosciuto a Milano l’anno prima, ma di lui nessuna traccia.
Ora, nella sua stanzetta – la cella – fredda e spoglia, Rosmini occupa le sue giornate con studio, digiuno, preghiera, silenzio e lettere ad amici e familiari. Preso un pacco di carta azzurrina, comincia a stendere le Costituzioni della Società che prende il nome dalla Carità, in cui condensa tutte le migliori regole e indicazioni spirituali scritte dai santi fondatori di ordini religiosi. Dopo esser diventato prete, nel 1821, aveva pensato di dover istituire il ramo maschile delle Figlie della Carità, fondate dall’amica Maddalena di Canossa, ma l’incontro col Lowenbruck e la venuta al Calvario gli hanno reso tutto chiaro: Dio lo vuole iniziatore di una congregazione nuova.
Sarà composta da sacerdoti e da laici, ma potrà aggregare a sé tutti coloro che vogliono condividerne lo spirito: gli ascritti. Due i principi su cui poggerà: passività verso Dio e indifferenza per le circostanze. Aspettare che sia Dio a ispirare modi e tempi di azione e non preferire luoghi, incarichi, condizioni o compagni rispetto ad altri: tutto purché si faccia la volontà di lDio. Quanto al fine, dice Rosmini, «non è altro che quello di santificarci nella carità, e di offrirci a Gesù Cristo perché egli faccia e si serva di noi come gli piacerà».
Gli amici gli scrivono preoccupati. Come ha potuto passare dalle comodità del palazzo nobiliare di Rovereto allo squallore di quelle quattro mura? Che senso ha dedicare sforzi per un progetto fumoso e incerto nella riuscita? E poi c’è la mamma lontana, che si sente sola: «Vi siete scordato di ciò che mi avete promesso? M’avete detto che finché io vivo non mi abbandonerete, e sono già tre anni che vivo priva di voi! Belle parole, ma tristi fatti», lo rimprovera. Ma Antonio rassicura tutti: non è impazzito, ha solo deciso di costruire «prima il fondamento e poi l’edificio, prima la carità e poi la scienza». E intanto raduna le idee per i due capolavori che stamperà nel 1830: quello filosofico, il Nuovo Saggio sull’origine delle idee, e quello spirituale, le Massime di perfezione adatte a tutti i cristiani.
Ben presto, attirati da lui e dalla sua spiritualità, si uniscono a Rosmini molti nuovi compagni. Messe, meditazioni, confessioni, catechismo, conversioni di protestanti… quel Calvario che Antonio ha descritto come un «monticello tutto dedicato alla passione del Signore», con «cappelle tutto d’intorno al monte, con dentro i passi della via crucis», diventa un centro di fervore spirituale che presto divampa in Piemonte, in Italia e nel mondo.
Da allora, la cella abitata da Rosmini è diventata il cuore e la sorgente della spiritualità dei padri, delle suore e degli ascritti rosminiani. Lì al Calvario, davanti al maestoso e artistico Crocifisso, ogni 20 febbraio celebrano la festa della Cella, a ricordo del giorno in cui fu piantato un piccolo seme, destinato a fruttificare ancora dopo duecento anni.
Giovedì 20 la messa e sabato 15 convegno con monsignor Staglianò
Il 20 febbraio la famiglia Rosminiana festeggia la “Festa della Cella”, anniversario dell’arrivo al Sacro Monte di Calvario di Domodossola del beato Antonio Rosmini, avvenuto nel 1828. Alle 16.30, all’oratorio dell’Addolorata del Sacro Monte, si terrà una messa solenne, seguita dalla processione e preghiera alla “Cella” del beato. Alle 20.30, al collegio Mellerio-Rosmini di Domodossola la proiezione dello sceneggiato “In cammino con Antonio Rosmini”, con la partecipazione del regista Herman Zandra e di alcuni attori. La festa sarà preceduta sabato 15, sempre al collegio a partire dalle 16, da una conferenza del presidente della pontificia accademia di teologia mons. Antonio Staglianò dal titolo “Rosmini, teologo in ginocchio”. Alle 18 la messa solenne nella collegiata di Domodossola.
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