Condividi su

“Costruiamo insieme un’Europa di pace, lavoro e giustizia sociale”, è lo slogan scelto quest’anno dal Sindacato Confederale per celebrare il Primo Maggio. Ancora una volta il mondo del lavoro si ferma a riflettere in questa giornata su aspetti centrali per la vita di ciascuno con uno sguardo capace di andare oltre i propri confini con la consapevolezza che oggi più che mai siamo tutti interconnessi, lezione che abbiamo ben compreso negli anni di pandemia. Viviamo in un contesto internazionale che si è ulteriormente aggravato con nuovi e pericolosissimi focolai di guerra che esigono uno sforzo comune vero per un dialogo capace di far cessare le armi creando le condizioni per addivenire ad una pace duratura. Per questo è urgente rafforzare il ruolo dell’Europa così come l’avevano sognata a Ventotene i nostri padri, unita e libera.

Quell’Europa, «cuore d’Occidente, che metta a frutto il suo ingegno per spegnere focolai di guerra e accendere luci di speranza. Un’Europa che sappia ritrovare il suo animo giovane, sognando la grandezza dell’insieme e andando oltre i bisogni dell’immediato; un’Europa che includa popoli e persone, senza rincorrere teorie e colonizzazioni ideologiche, come ci ha ricordato Papa Francesco.
Un’Europa capace di rimettere al centro la persona con i suoi diritti ed i suoi doveri. Ed uno di questi è il voto, sul quale è urgente aprire nel nostro Paese una riflessione seria viste le percentuali sempre crescenti di astensionismo.

Il voto è un diritto ma anche un dovere da esercitare responsabilmente, sapendo che tante donne e uomini nella resistenza hanno lottato per permettere a noi oggi di vivere in un Paese libero e democratico. Serve l’impegno di ciascuno, fatto di responsabilità e di partecipazione, che porti a riscoprire il senso di comunità di fronte a modelli individualisti dilaganti. Ed è nel contesto europeo ed internazionale che si giocano oggi le sfide del lavoro. I dati sull’occupazione forniti da Confindustria in questo territorio dicono che sia in atto una ripresa, che registriamo favorevolmente, ma le statistiche vanno analizzate con maggiore attenzione poiché, a fronte di numeri positivi, non cresce la ricchezza complessiva.

Rimane sempre aperta la questione del lavoro povero, che non può essere risolta con un salario minimo definito per legge. Serve invece incrementare la contrattazione a tutti i livelli, nazionale, aziendale e anche territoriale. Come pure non è rimarginata la ferita degli infortuni sul lavoro con numeri non degni di un Pese civile. Solo nel 2023 sono stati 1041 i morti: quasi tre al giorno. Allora come sindacato stiamo provando ad agire su più versanti.

Facendo prevenzione con la formazione dei nostri rappresentanti nei luoghi di lavoro e di tutti i lavoratori con campagne di assemblee mirate. Promuovendo cultura a partire dalle scuole. Creando reti tra tutti i soggetti che si occupano di sicurezza affinché si compia uno sforzo comune che arresti la scia inaccettabile di dolore. Ed è sicuramente importante accanto ai primi risultati ottenuti dal confronto con il Governo, anche il documento strategico approvato a dicembre dalla Regione, che prevede risorse destinate al potenziamento delle attività degli Spresal, un primo passo concreto per provare di invertire la rotta.

Risultati frutto del confronto partecipativo del Sindacato il quale non si limita a denunciare le cose che non vanno, solo con azioni di protesta, ma prova a contribuire per cambiarle. E per la CISL questo vuol dire fare partecipazione, consapevoli che le sfide del presente devono essere vissute dal sindacato abbandonando visioni novecentesche, di contrapposizioni ideologiche, ed assumendosi la responsabilità di costruire una società dove pace, lavoro e giustizia sociale non siano solo un desiderata ma trovino cittadinanza piena.

Elena Ugazio

Elena Ugazio, Segretaria Generale Cisl
Piemonte Orientale

Condividi su

Leggi anche

Editoriali

La Speranza che cambia i cuori

Gianluca De Marco

Editoriali

Le “chiese di mattoni” ci ricordano che siamo Chiesa di persone

Redazione

(Foto Sir / AFP)
Editoriali

Se le risorse vanno in armi non ci sono soldi per la sanità

Don Renato Sacco