“È la prima volta che…”. Anche un campione come Massimo Mauro, ex Juventus e Napoli, ha un attimo di stallo, vinto dall’emozione, non riesce a trovare subito le parole quando ascolta quelle di Luca Vialli, ex compagno di squadra, con le immagini che scorrono sulla parete dell’auditorium di Novarello. Poi si riprende, incoraggiato dagli applausi di autorità, medici, pubblico, volontari, malati di Sla, arrivati a Novara per celebrare i quarant’anni di Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica).
Fulvia Massimelli, la presidente novarese ora alla guida nazionale, con il suo staff ha portato tutti nella terra d’origine dove questa storia era cominciata, nel 1983. Una visione di assistenza e solidarietà che ha travalicato i confini, contagiato migliaia di persone, smosso gli scettici, promosso la ricerca, assistito e affiancato malati e loro famigliari in una battaglia che passo dopo passo sta allentando le maglie di una condanna ostativa.
Il senso di questo percorso lo ha definito Mauro che, con Vialli, ha inventato la Fondazione. “Le parole di Luca – dice – sono tutto ciò che oggi noi dobbiamo ricordare. Dopo il calcio, ci sembrava di non avere più la terra sotti i piedi. Invece, l’idea di finanziare la ricerca è stata straordinaria. In quel momento, stava passando il messaggio secondo cui sembrava che fosse il calcio a favorire la Sla. Tesi offensiva. Così partì la sfida e siamo stati catturati dal mondo della ricerca. Continuerò a farlo fino a quando non si troverà un farmaco e ci consentiranno di raccogliere fondi. Il senso di tutto ciò è questo: fare qualcosa da parte di chi non ha il problema, è una cosa che fa bene a tutti”.
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