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L’inizio del mese di novembre è caratterizzato dalla solennità di tutti i santi e dalla commemorazione di tutti i fedeli defunti. Anche se possiamo avvertire un indebolimento della partecipazione, in particolare delle giovani generazioni, per tradizione o per un senso nostalgico degli affetti passati in molti ci ritroviamo davanti alle tombe dei nostri cari. È necessario recuperare il senso cristiano di questi giorni che ci portano a riflettere sul significato del morire e del ricordo dei nostri defunti.

Negli ultimi anni assistiamo a modalità nuove con cui viene gestito il lutto e viene vissuto il commiato dai propri cari. Si stanno creando le “case funerarie” per offrire luoghi alternativi dove allestire la camera ardente e dove talvolta si chiede di celebrare un rito brevissimo e privato piuttosto delle esequie cristiane in chiesa, sentite come un momento di maggiore esposizione del dolore della propria famiglia al resto della comunità da cui ci si vuole quasi “difendere”.

Inoltre, l’inumazione nella terra, nel loculo o nella tomba di famiglia, da sempre parte della cultura cristiana, sta diventando una scelta minoritaria. La cremazione è preferita da molti e sempre più spesso viene richiesta la dispersione delle ceneri, con un desiderio di dissolvimento nella natura più legato ad una visione pagana della morte che non sembra aver nessun legame con il destino segnato dalla resurrezione di Cristo.

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Don Marco Barontini, rettore del Seminario diocesano

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