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La quarta puntata della nostra rubrica dedicata al Giubileo della Speranza. Un piccolo approfondimento e una breve meditazione sui temi che l’Anno Santo mette al centro del percorso della comunità ecclesiale, sulle sfide per tutta la società civile e su come ogni fedele può essere interrogato dalla “Speranza che non delude”.

Il giubileo secondo Gesù è un anno di grazia e un tempo di liberazione. Per Luca coincide con il “tempo pieno” che si rende presente nel ministero di Gesù. Esso rivela in modo univoco il volto misericordioso di Dio e la sua destinazione a tutti gli uomini.

Un profeta rifiutato

Il volto benevolo di Dio e l’anno di grazia offerto a tutti, presente nei suoi gesti di liberazione dal male, instaurato nei nuovi legami di Gesù con i discepoli, gli ultimi e le folle, suscita sovente la reazione di sconcerto e di rifiuto. Lo si vede sin dall’inizio con i compaesani di Gesù. Ascoltando Gesù, erano pieni di ammirazione «per le parole di grazia che uscivano dalla sua bocca» (Lc 4,22). Il suo messaggio di liberazione era meraviglioso e per questo riconoscono in questo giovane profeta un loro compaesano, dicendo: «non è il figlio di Giuseppe?».

Tale domanda corrisponde a un atteggiamento possessivo: se sei figlio di Giuseppe, se sei nostro concittadino, devi fare anche per noi quello che hai fatto altrove. «Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao fallo anche qui nella tua patria» (Lc 4,23). Gesù resiste decisamente a questo atteggiamento possessivo. Esige dai suoi compaesani una grande apertura di cuore. «Nessun profeta è ben accetto in patria» (Lc 4,24) e ciò non perché la gente rifiuta di credere in lui, ma perché egli stesso rifiuta di lasciarsi strumentalizzare al loro servizio e si rivolge agli altri. Il suo messaggio è chiaro: se la sua gente vuole corrispondere al desiderio di Dio, deve accettare che il “suo” profeta non faccia solo i suoi miracoli a Nazaret, ma anche e soprattutto in altre città e villaggi.

Gesù passa oltre

La gente di Nazaret però insiste a tenere Gesù per sé, vuole sequestrarlo, non rinuncia al suo atteggiamento possessivo. Avendo sentito il discorso di Gesù, «tutti nella sinagoga furono pieni di furore» (Lc 4,28). La conclusione è una profezia sulla pasqua di Gesù, che così diventa anche la pasqua del Giubileo. «Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino» (Lc 4,29-30). Gesù è cacciato fuori dalla sua patria, viene trascinato sul ciglio del monte, per essere gettato giù. Si adombra qui la fine tragica del profeta di Nazaret, il suo sacrificio pasquale, il suo giubileo di morte e risurrezione.

L’evangelista non ricorda più nel suo vangelo il tema dell’“anno giubilare”, tuttavia la morte e risurrezione di Gesù sono da considerarsi la pienezza dell’anno di grazia. Gesù è stato oggetto di critiche dure, perché aveva una grande apertura di cuore verso “i pubblicani ed i peccatori”. Questo suo atteggiamento gli suscitò un’opposizione crescente, che lo condusse fino alla croce. Gesù rimase fedele alla sua esperienza e al messaggio della misericordia universale di Dio, anche al prezzo di donare la sua vita per noi e per tutti.

La legge della missione

Negli Atti degli Apostoli leggiamo più volte che il successo della predicazione di Paolo presso i pagani provocava la gelosia di certi ebrei, i quali si opponevano all’Apostolo e suscitavano persecuzioni contro di lui (cf At 13,45; 17,5; 22,21-22). Anche all’interno delle comunità cristiane, l’atteggiamento possessivo ha spesso provocato seri danni. A Corinto molti fedeli si attaccavano gelosamente a un apostolo o a un altro; ne risultavano conflitti nella comunità. Paolo dovette intervenire con forte insistenza (1Cor 1,10-3,23).

Potremmo dire che questa è la legge della missione, che l’evangelista Giovanni illustra così: «venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio: i quali non da carne, né volere di sangue, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati» (Gv 1,12-13). La generazione dei figli di Dio avviene ogni volta che seguiamo il Signore e il Maestro, che è la pietra angolare, rifiutata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio. I cristiani celebrano il loro giubileo, quando prendono i contorni del servo sofferente, umiliato ed esaltato dalla forza dello Spirito. Questo è il centro pasquale del giubileo cristiano: abbeverarci alla sorgente inesauribile del dono senza misura di Gesù. Oggi siamo cristiani così?

Mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara

L’articolo integrale, con altre notizie dal territorio della Diocesi di Novara, si può trovare sul nostro settimanale in edicola a partire da venerdì 18 aprile. Il settimanale si può leggere abbonandosi o acquistando il numero che interessa cliccando direttamente qui.

Tutti i testi della Rubrica sul Giubileo sono raccolti nella pagina dedicata.

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