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Regge la Presidente del Consiglio Meloni, a un anno dall’insediamento del suo Governo.

Ha dimostrato indiscusse doti di leadership, non soltanto a livello interno ma, soprattutto, a livello internazionale. I gufi che confidavano in una sua presunta inadeguatezza a fronte di una mancanza di esperienza specifica di governo sono stati smentiti. Poi, ha trasmesso un senso di positività il fatto che la Meloni è giovane e può guardare avanti, rappresentando una prospettiva legata anche a tempi più lunghi. In questi primi mesi, la sua figura è uscita rafforzata a dispetto dei problemi che non mancano e che l’esecutivo – gioco forza – ha ereditato da un passato prossimo e da amministrazioni meno recenti.
Le questioni vengono da contesti internazionali difficile, da una crisi economica che, da tempo, si è appesantita e da alcuni nodi politici che restano da sciogliere.

Per quanto riguarda il contesto internazionale, il filoatlantismo ad oltranza non basta più. E’ urgente preoccuparsi di far finire la guerra fra Russia e Ucraina.

Certo, la Premier ha il vantaggio di poter contare su una figura competente e apprezzata come Antonio Tajani che conosce le dinamiche in politica estera è può rappresentare un buon viatico per assumere un ruolo propositivo e di mediazione.

Il fronte dell’immigrazione si è fatto bollente. Barconi, barchette e le navi leggere delle Onlus arrivano in Sicilia e ci attraccano da vent’anni. Che il fenomeno non avesse un carattere episodico era apparso chiaro fin da allora ma per un tempo troppo lungo si è preferito affrontare la questione con provvedimenti tampone legati al momento.

Adesso si tratta di un’autentica emergenza per risolvere la quale servono provvedimenti strutturali che, per il fatto di avere carattere definitivo, necessitano di tempo. Ma è ovvio che, nel frattempo, l’Europa non può continuare a riempirsi solo la bocca di parole. Anche Bruxelles e Strasburgo devono farsi carico di azioni concrete per alleggerire il carico che oggi pesa solo sull’Italia. E, per il prossimo futuro, proporsi con iniziative credibili di sviluppo per i paesi del Nord Africa.

La Meloni dovrà misurarsi con questo dato di fatto che presuppone l’ abbandono della politica del “no sbarchi” a favore di una politica delle “no partenze” con un forte investimento comune nei paesi da dove partono le carrette del mare e da dove provengono i migranti.

In economia, in un contesto di difficoltà, i segmenti che sembrerebbero toccati da una pur fragile ripresa vanno sostenuti. Non c’è spazio per una politica di ulteriori prelievi, anche in un’ottica redistributiva.

Sul fronte politico, è ovvio che i partiti anche all’interno della maggioranza cerchino di rivendicare qualche differenza anche in vista delle elezioni europee. Qualche fibrillazione è nella natura delle cose, ma il contesto di oggi obbliga a mettere in campo una nuova maturità capace di assicurare una stabilità produttiva.

Dopo le elezioni europee ci sarà il tempo per una maggiore programmazione e inizierà anche una nuova fase molto interessante per capire gli equilibri all’interno del centrodestra.

Forza Italia, ad esempio, dovrà giocarsi la partita di essere il fulcro di un centrodestra ancorato saldamente al PPE e su questo lavorare anche dal punto di vista dell’azione di governo.

Peraltro, è impossibile non sottolineare che l’opposizione non esiste.

Non sono stati visti arrivare e non si vede dove sono andati. La segretaria del PD Elly Schlein, nel confronto con la Meloni, appare molto meno attrezzata.

Renzi e Calenda danno l’impressione di comportarsi come i classici” due galli nel pollaio”.

Perciò, il compleanno di Governo dice che il Ministero Meloni è partito abbastanza bene con un bilancio positivo legato alla tempesta di emergenze che ha dovuto affrontare.

Per il futuro dovrà spingere sull’acceleratore dispiegando un programma che si proponga la fine della legislatura con il proposito di proseguire anche oltre.

Roberto Cota

Roberto Cota

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