La guerra 14-18 – la prima “mondiale” – fu un vero detonatore sociale. L’Italia cambiò e cambiò l’Europa con il mondo. Nulla fu come prima. Si modificarono le carte geografiche, la storia planetaria, le dinamiche sociali dei popoli e le persone prima ai margini della storia salirono alla ribalta. Fra queste, le donne che – con gli uomini al fronte – furono impegnate in lavori duri e indispensabili, al fronte esse stesse o dietro le linee, nelle fabbriche, nelle comunicazioni, nell’opera preziosa di assistenza e di mobilitazione civile.
La provincia di Novara (che, allora, arrivava fino al Monte Rosa) non fece eccezione. Le donne non mancarono al loro dovere: crocerossine, addette all’assistenza di profughi e orfani, impegnate nella raccolta e nello smistamento delle notizie dal fronte. Prestarono un’opera civile e misericordiosa per rispondere alle urgenze del conflitto.
Così il Comitato di preparazione civile, presieduto dall’ingegner Riccardo Colli aveva nelle sue diverse sezioni – Biancheria, Pacco per il soldato, Nido dei bambini, Profughi, Ufficio notizie – la propria articolazione operativa e, a capo di ciascuna, vi erano delle donne: rispettivamente, Enrica Calderoni, Albertina Giardini, Giovanna Pistoia, Maria Gattico e Maria Carboni.
Maria Beltrame Franzoni era invece la presidente dell’Ufficio notizie per le famiglie dei richiamati, che aveva sottosezioni a Domodossola, Arona, Intra, Pallanza e Varallo. Una moltitudine di informazioni scambiate, ricevute, trasmesse dai reparti alle famiglie, in relazione anche con la Croce Rossa.
Nel solo anno 1916, arrivarono ottomila richieste di informazioni da parte delle famiglie dei militari al fronte e diecimila furono i messaggi inviati ai privati e alle famiglie (con 65mila schede personali redatte).
Non è difficile immaginare di che mole di lavoro si sia trattato considerando che, in quel periodo, l’analfabetismo era diffuso, tutto si scriveva a mano (per chi sapeva farlo) e il supporto era rappresentato dalla carta, divisa in faldoni e schedari. Rosa Dell’Erra era la presidente del Posto di Ristoro per i militari, allestito nella stazione ferroviaria di Novara. Con l’aiuto di giovani volontarie, si distribuivano pane, caffè, latte e sigarette ai soldati in transito. Che potevano anche spedire cartoline ai familiari, illustrate con immagini della città di Novara e il timbro apposito del Posto di ristoro, che garantiva la spedizione anche senza francobollo.
Anche qui numeri imponenti che testimoniano la dimensione di questa attività. I panini distribuiti nel primo anno di guerra: furono 29.438, come documenta con precisione la contabilità dell’Ente.
Gli Uffici notizie erano attivi anche in altri comuni della provincia. A Domodossola era guidato da Isa Braggio del Longo e aveva sede alla Fondazione Galletti, con lei – fra gli altri- quattro collaboratrici: Lina Barbieri, Maria Binda, Lisetta Minoggio e Gina Porta. A Galliate, l’Ufficio notizie era guidato dal maestro Carlo Cardano, ma aveva una sezione femminile affidata alla professoressa Pelitti. Non mancava l’assistenza ai profughi che, con l’avanzare del conflitto, iniziarono ad arrivare anche nel Novarese dai territori di guerra. A Verbania, la colonia per i profughi arrivò ad accogliere 1.200 persone nel primo anno di guerra. Fu amministrata da Guido Acerbi ma l’impegno maggiore gravò ll’impegno di Iside De Biase, Olga Neri, Eugenia Martignoni, Claudia Crini.
L’articolo integrale sul nostro settimanale – L’informatore, Il Sempione, Il Monte Rosa, L’informatore del Cusio, Il Verbano, Il Popolo dell’Ossola, L’Eco di Galliate, Il Ricreo, L’Azione, Il Cittadino Oleggese – sarà in edicola venerdì 7 marzo con gli approfondimenti e altre notizie dal territorio della Diocesi di Novara.
Il settimanale si può leggere abbonandosi o acquistando il numero che interessa direttamente qui.