Condividi su

Con l’aprovazione da parte del Papa del decreto sul martirio di don Giuseppe Rossi si apre finalmente la strada alla beatificazione. Manca solo la data. Il merito va certamente riconosciuto alla tenace ricerca e pazienza, spesso sofferta, della postulatrice, Francesca Consolini, a cui la diocesi il 23 giugno 2002 affidò l’iter canonico.

Dopo un’attesa lunga ben 78 anni – tanti ne sono trascorsi dal martirio, compiuto con efferata crudeltà dai fascisti delle camicie nere della brigata “Corrao Muti”, distaccamento della “Ravenna” – si è giunti alla verità.

Tanti anni, poiché, come dice Consolini, «era necessario che la causa di canonizzazione non si iniziasse troppo presto in quanto gli uccisori appartenevano a una delle parti politiche che si dilaniarono nella guerra civile seguita a quella mondiale, e in questo tempo si cercava di pacificare la nazione superando le contrapposte ideologie che continuavano ad essere antagoniste». Proprio per questa ragione «non era prudente rivangare episodi divisivi».

Ma questa attesa ha favorito anche una maggior serenità in coloro che sono stati chiamati a testimoniare sull’uccisione «e ha giovato alla causa Rossi perché nel frattempo sono stati pubblicati studi storici documentati, gli archivi pubblici sono stati aperti perché caduto il vincolo di riservatezza vigente sulla documentazione più recente». E tali ricerche sono state fondamentali per ricostruire le vicende e la personalità degli assassini di don Rossi. «Il fatto che gli uccisori fossero fascisti repubblichini – sottolinea Francesca Consolini – rendeva più difficile provare che essi fossero animati da odio alla fede e alla Chiesa; il loro partito, infatti, aveva stipulato il Concordato con la Chiesa, aveva proclamato la religione cattolica religione di Stato, era ossequiente alla gerarchia ecclesiastica, ecc.». Inoltre, «l’uccisione era avvenuta di nascosto e senza testimoni all’infuori degli assassini. Erano tutti ostacoli per vedere chiaramente nell’uccisione del Rossi un vero martirio».

Ecco allora palesarsi le due strade di ricerca, dice Francesca Consolini: «sfatare la teoria che fosse stata una vendetta e una rappresaglia per l’assalto dei partigiani e l’uccisione di due militi repubblichini, e lo scandaglio delle precedenti azioni degli uccisori durante il loro percorso di militanza fascista». E spiega: «da un accurato esame delle deposizioni e delle testimonianze raccolte molti anni fa da don Stoppa, è caduta la tesi che il Rossi fosse stato ucciso per aver suonato le campane, avvertendo i partigiani dell’arrivo dei militi perché sferrassero l’attacco. Questa infondata ipotesi ebbe origine addirittura dallo stesso Rossi che temeva di essere accusato di aver suonato le campane e la manifestò agli ostaggi come lui rastrellati e detenuti dai fascisti, e furono riportate dai testimoni nelle loro deposizioni all’Inchiesta diocesana. I militi invece avevano capito benissimo che non le campane ma la sola campana dell’orologio aveva suonato le ore, e per questo neppure interrogarono il parroco, rilasciandolo la sera stessa con quasi tutti gli altri ostaggi».

«Quanto al passato degli uccisori – sottolinea Francesca Consolini – recenti pubblicazioni rendono conto del loro curriculum sanguinario e per nulla tenero verso cattolici e clero. Se avessero sospettato il Rossi di connivenza coi partigiani lo avrebbero giustiziato pubblicamente, registrando l’azione nel diario militare, nel quale invece non ne fecero cenno. Invece, lo massacrarono in un vallone solitario, cercando di non far ritrovare il cadavere, e una volta ritrovato per le indicazioni di un milite pentito, espressero con un manifesto il loro cordoglio cercando di incolpare i partigiani che però in quella zona non erano anticlericali. Il parroco fu dunque vittima del loro odio contro la religione e la Chiesa: non si fecero scappare l’occasione di eliminare un sacerdote senza dover scontare pena alcuna per l’omicidio».

In questo modo sono cadute tutte le riserve che, ancora presenti in due teologi romani del dicastero dei Santi, «rimasti legati alle precedenti ipotesi e a una lettura convenzionale e semplificata dei fatti», sono state confutate con puntualità, precisione e tenacia da Francesca Consolini, «visto che il 21 novembre 2023 i Padri Cardinali e Vescovi del Dicastero, alla luce della Positio, dei voti dei teologi e delle puntualizzazioni della postulatrice, hanno espresso unanime parere favorevole al riconoscimento del martirio di don Rossi».

Si giunge, infine, al 14 dicembre 2023 quando, durante l’udienza concessa al Cardinale Prefetto del Dicastero, il Santo Padre, ha autorizzato la pubblicazione del decreto sul martirio in odio alla fede.

Altri articoli e altri approfondimenti dal territorio della Diocesi di Novara sul nostro settimanale, in edicola da venerdì 22 dicembre. Il settimanale si può leggere anche online, abbonandosi o acquistando il numero che interessa qui.

Condividi su

Leggi anche

Diocesi

Dall’8 settembre alla liberazione, l’Ossola nella bufera della guerra

Redazione

Marco Canali
Diocesi

Don Giuseppe Rossi, esempio per i presbiteri di oggi

Redazione

Diocesi

Elezioni europee, convegno con il giornalista di Avvenire Andrea Lavazza

Redazione