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«Questa sera vogliamo praticare un esercizio di umanità, perché, al di là delle differenze, delle appartenenze, degli stili, siamo tutti uomini e donne, chiamati per vocazione a riconoscersi, interpellarsi. Questo perché solo così le società, solo così le nazioni, trovano la strada per uno sviluppo, un cammino, che potremmo definire autenticamente umano».

Così don Massimo Casaro, direttore del Centro Missionario Diocesano, ha introdotto, in Vescovado, a Novara, l’incontro dell’Ottobre Missionario in diocesi. Una tavola rotonda quanto mai attuale e dal titolo “Medio Oriente. Per un dialogo senza rimpianti”, che ha visto relatori Aldo Luperini, presidente emerito della Sinagoga Lev Chadash di Milano e la scrittrice italo-palestinese, Sarah Mustafa, che ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza in un campo profughi palestinese in Giordania, con la famiglia del padre. A coordinare gli interventi, Giuseppe Caffulli, direttore della rivista “Terra Santa“.

«Sappiamo che non è facile fare questo esercizio. Quanta poca capacità di ascolto ed empatia – ha ripreso don Casaro – Questa sera l’intento è allargare il discorso, dalla vita privata sino a popoli, storie, culture, religioni. Dico sempre che le differenze esistono affinché ci si incontri. Senza incontro le diversità diventano irrigidimenti ideologici. Dobbiamo invece confrontarci con le diversità per creare un mondo più a misura d’uomo».

A moderare la serata, come anticipato, Caffulli, esperto di Medio Oriente, che ha interloquito con i due relatori, partendo dal discorso tenuto dalla regina Rania di Giordania a Cernobbio a settembre. Un discorso in cui ha illustrato un piano in cinque punti per provare ad arrivare alla pace. Rania ha parlato di diritto internazionale che deve prevalere senza eccezioni; di diritti umani assoluti; di responsabilità; di costruzione di una pace giusta che permetta di avere una ‘sicurezza reciproca’ e di escludere e tacitare le voci estreme.

«Per il primo punto – ha riferito Caffulli – se ragioniamo da entrambe le parti, le manchevolezze sono state infinite». Mustafa: «non voglio passare per una politologa. Rania ha origini palestinesi e ha sposato un giordano di origine saudita. Il regno di Giordania è articolato, con una maggioranza di popolazione palestinese, che ha ottenuto la cittadinanza giordana negli anni ’60. Un regno che vive una situazione precaria proprio per l’alta percentuale di abitanti originari della Palestina. Un regno che era stato indicato come luogo per accogliere i profughi palestinesi, che avrebbero dovuto creare uno stato palestinese in Giordania. Piani non andati a porto».

Oggi la Giordania, ha proseguito Mustafa, «fa da scudo a Israele. La regina vive quindi questo paradosso, da una parte la sua origine, che la chiama a tutelare la questione palestinese, e dall’altra quella di tenere un ruolo di equilibri in Giordania. Il primo punto è oggi messo spesso in discussione. A livello teorico ben venga il diritto internazionale, però come? È ancora attuale quello creato nel dopo guerra o occorre sedersi a un tavolo e rivedere alcuni punti? Certo è una buona base di partenza».

Luperini: «Il diritto internazionale ora è fatto di forza, di pesi, di equilibri tra zone economiche o culturali. È quindi qualcosa di difficile. Dove iniziamo a mettere i punti? Il problema – ha riferito – è …

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