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Si può imparare a leggere anche avendo un solo libro in casa, Cucinare è facile, come è capitato alla piccola Matilde protagonista del romanzo omonimo dell’autore della Fabbrica di cioccolato. Matilde è l’immagine dei lettori più giovani ai quali dobbiamo dedicare la prossima Giornata del libro, perché non si celebrino e mummifichino i libri ma si curino e coccolino i lettori, specie quelli nuovi.

Oggi il libro è un vecchio malato, che è in crisi non soltanto per i suoi oltre 500 anni di vita e neppure soltanto per la concorrenza del digitale, perché un libro è sia su carta che su schermo. È però un vecchio arzillo. I quasi 80mila titoli in uscita ogni anno sono letti da meno di metà della popolazione (55 italiani su 100 non leggono neppure un libro in 365 giorni) però l’editoria resta la prima industria culturale italiana con 3 miliardi di fatturato, quindi più di tv, cinema e musica.

«I libri le aprivano mondi nuovi e le facevano conoscere persone straordinarie» è l’esperienza di Matilde, anche a dispetto dei genitori che non volevano volumi in casa e che oggi forse potrebbero assomigliare a certi fruitori ossessivi di social. Occorre però una precisazione: fare il tifo per i libri non è una moda all’antica né è una posizione contro la tecnologia e contro l’intelligenza artificiale di ChatGPT di cui tanto si parla. Ogni attività si sta smaterializzando (e probabilmente in futuro non dovremo neppure toccare lo schermo dei nostri dispositivi) ma non possiamo farci nulla. E l’immutabile legge della tecnologia è che i suoi doni non si possono rifiutare: possiamo scappare ma ci rincorrono. Non è un male ma forse è la dimostrazione che oggi si può essere informati di tutto senza sapere nulla…
Sul valore dei libri “provare per credere” direbbe una vecchia pubblicità. Aprire un libro, che sia anche un fumetto o un romanzo rosa (due generi tornati di moda), significa guardarci allo specchio e forse capire di più noi stessi e gli altri. Perché non provare davvero?

Al di là dei fan della filigrana da toccare o dei pixel su un monitor, se una comunità fa attenzione ai libri cura davvero il benessere e il futuro di tutti, specie i cittadini di domani.

E un momento determinante per acquisire un legame con la lettura è il passaggio dall’età scolare all’età adulta per aiutare «un graduale passaggio dalla dipendenza all’autonomia, per diventare davvero persone libere» come ha scritto Gianni Rodari.

Per questo all’interno della lunga filiera dell’editoria, che è un viaggio dagli autori ai lettori, attraverso addetti ai lavori, associazioni e librerie, occorre che chi si occupa di amministrazione pubblica, anche di promozione ecclesiale, metta al primo posto la valorizzazione dei luoghi in cui i libri possano essere il motore di crescita sociale, dalle biblioteche, la casa pubblica della cultura di ogni comune, alle aule scolastiche e universitarie. Il territorio novarese è ricco di esperienze e di “Città del Libro” secondo il format ministeriale: dalla Negroni di Novara alla Marazza di Borgomanero, alla Rodari di Omegna e alla Ceretti di Verbania, fino alla Contini di Domodossola, spesso sostenendo iniziative che guardano alle giovani generali, dal premio Storia di Natale al festival Scrittori&giovani, con dibattiti (per esempio con il Verbania Bookforum) e attenzione alla tradizione (dalla collezione manzoniana della Marazza ai primi libri a stampa digitalizzati in mostra alla Negroni dal 5 maggio) senza dimenticare lo strumento delle riviste come “Novarien.” e l’innovazione, perché i volumi viaggiano anche in formato audio e l’onda di ciò che è “audible” si diffonde di giorno in giorno con utenti in continua crescita con una diversa percezione della parole, che diventano voce.

E a proposito di percezione occorre vincere quel grande nemico occulto che alcuni ravvisano nella perdita di credito sofferta dal libro in questi ultimi decenni di frammentazione culturale. Urge una riprogettazione non individuale ma sociale, collettiva, istituzionale, accompagnata da una modifica e da un riaggiornamento delle competenze, così da compensare il ridimensionamento della sfera fisica rispetto a quella liquida.

E se il libro del futuro sarà progettato anche nelle community in rete, occorre impegnarsi in un nuovo umanesimo digitale facendoci stimolare dalla Matilde di Roald Dahl che a tre anni impara a leggere da sola grazie ai giornali e alle riviste sparse per casa; a quattro anni legge speditamente e comincia ad avere voglia di libri, ma in casa sua ce n’è solo uno, dal titolo Cucinare è facile.

Dopo averlo letto da cima a fondo, imparando a memoria tutte le ricette, decide di cercare letture più interessanti e chiede al papa di comprarle un libro, sentendosi rispondere: «Un libro? E per che cavolo farci?». «Per leggerlo». «Diavolo, ma cosa non va con la tele? Abbiamo una stupenda tv a ventiquattro pollici e vieni a chiedermi un libro! Sei viziata, ragazza mia!». La nostra speranza verso il libro è riposta in giovani generazioni con questi vizi.

Roberto Cicala

Roberto Cicala, Editore di Interlinea e autore di I meccanismi dell’editoria (Il Mulino)

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