Condividi su

Trecentomila tonnellate di riso sono ancora nei magazzini. Invendute o in attesa di essere acquistate. Risalgono alla raccolta 2022. Il crollo dei prezzi dopo un inizio di campagna commerciale forse troppo esaltante ha indotto i risicoltori ad attendere nella speranza di un recupero delle quotazioni. Non è avvenuto e molte aziende agricole tra cui alcune novaresi sono a un bivio: svendere all’industria o cercare spazi alternativi per stipare le scorte, perché fra un mese e mezzo si inizierà la mietitura della produzione 2023. E ci sarà un’eccedenza.

Ma non è questo l’unico problema. Si profila un nuovo pericolo per il riso made in Italy. Questa volta la minaccia arriva dall’India, che insieme con la Cina rappresenta la più grande risaia del mondo. Non solo: il 40 per cento dell’intera esportazione mondiale è indiana. Dopo uno stop durato dieci anni, la Commissione europea ha ripreso i negoziati con l’India per la definizione di un accordo di libero scambio. Traduzione: una valanga di riso potrebbe “invadere” l’Ue con effetti importanti anche sulla produzione del nostro paese, leader in Europa.

Nei negoziati precedenti era stata avanzata la richiesta di prevedere diversi contingenti di importazione a dazio zero che ridurrebbero ulteriormente lo spazio commerciale per il riso Lungo B comunitario. E’ il cereale dai chicchi lunghi, cristallini, adatti per contorni e insalate, i più consumati in quasi tutti i paesi europei, dove il risotto non alberga. Varietà coltivata anche in Italia. Ma già ridotta a seguito delle continue concessioni daziarie da parte dell’Unione europea ai maggiori esportatori mondiali di riso. In particolare Cambogia e Myanmar che – scaduta la clausola di salvaguardia – hanno ripreso a esportare in regime agevolato.

Ente Nazionale Risi è intervenuto con una dura nota nella quale sottolinea che “le richieste dell’India devono essere rigettate non solo perché questo paese gode dell’esenzione del dazio per 8 varietà di riso semigreggio Basmati, ma anche perché nel 2022 sul portale del sistema di allerta comunitario RASFF sono risultate ben 42 notifiche sul riso importato dall’India (28% del totale delle notifiche sul riso), a causa della presenza di agrofarmaci (thiamethoxam, triciclazolo, carbendazim e clorpirifos) il cui impiego non è consentito nell’Unione europea”. Il Rasff (Rapid Alert System for food and feed) è il sistema di allarme rapido che intercetta gli alimenti nocivi alla salute o contenenti principi chimici vietati in UE.

Non più tardi di un paio di mesi fa nell’ambito del Comitato permanente per piante, animali, alimenti e mangimi (SCOPAFF) non è passata la proposta della Commissione europea di innalzare il livello massimo di residuo del triciclazolo dall’attuale valore di 0,01 mg/kg allo 0,09 mg/kg per il solo riso d’importazione. Ora la Commissione dovrà passare dal Comitato d’appello e, se dovesse ottenere la maggioranza qualificata, potrà adottare la proposta che rappresenterebbe un’autentica beffa per la filiera risicola comunitaria perché nell’Unione europea rimarrebbe il divieto dell’utilizzo del triciclazolo per la coltivazione del riso, mentre il riso di importazione, in particolare quello indiano, godrebbe di un limite di 0,09 mg/kg.

Per questo la filiera risicola italiana invoca la reciprocità: limiti restrittivi e rigorosi in Europa, quasi a livello zero, ma innalzati per il riso che arriva dall’Oriente. Un assurdo, che ricade sui consumatori. Inoltre a settembre 2020 l’India ha inoltrato alla Commissione europea la richiesta per il riconoscimento dell’IGP “Basmati”. “In punta di diritto – prosegue la nota Ente Risi – la richiesta indiana doveva addirittura essere considerata irricevibile, ma sta di fatto che, invece, è ancora operativa e, qualora riuscisse ad andare in porto, verrebbe presa in considerazione negli attuali negoziati con il rischio più che concreto di un accesso illimitato nel mercato dell’Ue a dazio zero per il riso IGP Basmati indiano”.

Paolo Carrà, presidente di Ente Nazionale Risi: “Mentre i nostri risicoltori devono rispettare divieti e regole strette per l’uso di agrofarmaci, ci troviamo a dover contrastare la miopia della Commissione europea che dovrebbe difendere le produzioni Ue. La filiera risicola ha da sempre sostenuto la necessità di una reciprocità di regole circa l’impiego di fitofarmaci. Imbarazzante sarebbe il riconoscimento di una IGP sul Basmati utilizzando un termine generico, senza legami con il territorio, che è esattamente equivalente al Basmati di origine pakistana e che potrebbe, a fine percorso del negoziato di libero scambio, originare un’esenzione dal dazio per quantitativi illimitati”.

Sconfortato si dice anche Giuseppe Ferraris, novarese, presidente del Gruppo Riso di Copa-Cogeca, l’organismo che rappresenta le associazioni e cooperative agricole europee a Bruxelles: “A fine giugno, terminato il semestre di presidenza svedese, si sono chiusi anche i tentativi per ripristinare la clausola di salvaguardia che imponeva il dazio alle importazioni da Cambogia e Myanmar. Tutto inutile. Ora, con la presidenza spagnola, cecheremo di riprendere il discorso. Ma è molto probabile che il confronto venga rimandato a dopo le elezioni europee del 2024. Dovremo ricominciare tutto dall’inizio”.

Gianfranco Quaglia

Gianfranco Quaglia, direttore
di Agromagazine
www.agromagazine.it

Condividi su

Leggi anche

Editoriali

La Speranza che cambia i cuori

Gianluca De Marco

Editoriali

Le “chiese di mattoni” ci ricordano che siamo Chiesa di persone

Redazione

(Foto Sir / AFP)
Editoriali

Se le risorse vanno in armi non ci sono soldi per la sanità

Don Renato Sacco