La Cisl ha iniziato la raccolta delle firme per la sua proposta di legge di iniziativa popolare per l’attuazione dell’art. 46 della Costituzione italiana che prevede la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende.
Un articolo certamente poco conosciuto e che finora, a 75 anni dall’approvazione della Carta Costituzionale, non ha ancora avuto una legge che attuasse questo diritto dei lavoratori italiani, costituzionalmente riconosciuto come quella ad avere una retribuzione giusta ed adeguata alle necessità della vita personale e familiare, al diritto ad un lavoro sicuro non in contrasto con il diritto alla salute, al diritto di sciopero e di associazione sindacale.
È un principio che è stato riconosciuto soprattutto dal Magistero Sociale della Chiesa Cattolica.
Già l’enciclica Quadragesimo Anno di Pio XI del 1931 invita a prevedere la partecipazione dei lavoratori agli utili delle imprese mentre Giovanni XXIII nella Mater et Magistra del 1961 riconosce come legittime le aspirazioni dei lavoratori a partecipare alla gestione delle aziende al fine di fare dell’ impresa una comunità di persone superando il conflitto radicale fra capitale e lavoro.
Ancora S. Giovanni Paolo II con la Laborem Exercens del 1981 e la Centesimus Annus invita a scoprire la partecipazione e la corresponsabilità dei lavoratori alla gestione delle aziende per superare i limiti del capitalismo e del socialismo reale.
È una via quella della partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende molto presente, con risultati positivi per l’economia e per i lavoratori, anche nell’esperienza storica dei sindacati del Nord Europa, Germania e Paesi scandinavi, e della stessa socialdemocrazia a questi collegata in modo organico.
Per molti anni invece il tema della cogestione è stato un tabù per la Cgil, egemonizzata dal Partito Comunista, come un modo per addomesticare meglio i lavoratori fin dallo storico rifiuto da parte di Gramsci nel 1921 alla proposta della Fiat di coinvolgere i lavoratori e i sindacati nella gestione aziendale e da parte dello stesso Partito socialista, guidato dai massimalisti, di una proposta di legge in questo senso da parte dell’allora Premier Giovanni Giolitti.
Si può dire che solo con lo strappo con la tradizione comunista nel 1989 da parte di Occhetto anche la sinistra italiana ha iniziato a parlare di attuazione dell’articolo 46.
Nel frattempo ci sono state la direttiva europea del 1992 e soprattutto molte esperienze positive nella prassi e nella contrattazione aziendale italiana.
Alcune sono diventate anche legge come nel campo della sicurezza del lavoro e della prevenzione degli infortuni che ha visto attribuire ai rappresentanti dei lavoratori poteri concreti di monitoraggio e controllo nelle aziende , altre sono ormai consolidate come nel campo degli enti bilaterali per la formazione , l’assistenza sanitaria e la previdenza integrativa.
Ci sono state anche normative fiscali che hanno favorito la partecipazione azionaria dei lavoratori , anche con l’utilizzo del loro TFR ma che non si sono tradotte in una maggiore capacità per i lavoratori di influire sugli investimenti e i processi organizzativi delle imprese che determinano spesso conseguenze come tagli all’occupazione, esternalizzazioni e delocalizzazioni.
Bisogna riconoscere che spesso anche la stessa imprenditoria italiana non è stata abbastanza aperta e illuminata nell’ aprirsi a forme di cogestione delle aziende.
La proposta della Cisl che si spera possa essere presa in seria considerazione dal Parlamento sceglie di passare dagli enunciati di principio alla pratica in modo flessibile e propositivo lasciando poi largo spazio all’iniziativa e all’accordo fra le parti sociali indispensabili per passare dalle parole ai fatti.
Pier Luigi Tolardo