Il foliage autunnale è quel fenomeno per cui vediamo la vegetazione mutare colore. Sempre più persone ne fanno perfino oggetto di turismo. Se è vero che l’Italia non raggiungerà mai i trionfi colorati delle vaste foreste del Vermont o della Scandinavia, anche da noi è possibile trovare pittoreschi “angoli di paradiso” che a partire dal mese di ottobre si infiammano di tutte le sfumature dal rosso al giallo ai bruni.
Ma perché ciò accade? Le piante delle foreste decidue durante i mesi caldi contengono una grande quantità di clorofilla, un pigmento che conferisce alla foglia la tipica colorazione verde, assicurando un’elevata capacità di assorbire la luce utile alla fotosintesi. Ma la pianta contiene anche altri tipi di pigmenti, quali i flavonoidi, i carotenoidi, gli antociani che proteggono anche l’organismo vegetale dagli squilibri termici.
Finchè è estate, il pigmento dominante è indubbiamente la clorofilla. Con l’avanzamento stagionale, e quindi con la radiazione solare che diminuisce di intensità, questa si degrada e lascia emergere gli altri pigmenti, che si manifestano in modo acuto, con un’esplosione di colori caldi prima che la foglia cada.
Questi sono presenti con concentrazioni diverse: laddove dominano i flavonoidi, prevarranno tinte sul giallo o sul dorato; i carotenoidi voltano la foglia verso un colore arancione o mattone, gli antociani invece determinano tutte le sfumature del rosso, dallo scarlatto, al rosso scuro. Piante come i ciliegi o gli aceri si colorano di un rosso acceso, i faggi presentano sfumature che vanno dal giallo al mattone, le betulle e i castagni sono decisamente gialli, le farnie diventano beige. Piante “multicolore” sono invece i pioppi tremoli e, soprattutto, i Liquidambar, spesso piantati per colorare i parchi cittadini.
Lo status del foliage si lega in modo sensibile al clima. Pare che, più si arrivi da condizioni della prima parte dell’autunno (settembre-ottobre) fresche e asciutte, più questo sarà precoce e brillante. Più, al contrario, persistono condizioni di mitezza e di elevata umidità, più il foliage ritarderà sul tabellino di marcia, e risulterà pure relativamente meno brillante.
Un altro aspetto importante è la ventilazione, utile a degradare la clorofilla in modo repentino. Gli ultimi autunni, sempre più miti, e caratterizzati da una ventilazione più bassa che in passato (vista l’elevata ingerenza dell’alta pressione africana e la ormai quasi totale assenza di avvezioni fredde e rafficose da nord), hanno reso il mutare dei colori più tardivo e talora anche più “spento”, quantomeno a bassa quota.
Anche questo 2023 sembra non fare eccezione. Il foliage non è nemmeno agli esordi, anche in riferimento alle quote più alte, dove persistono temperature perennemente positive fino a 4000 metri di quota. Avremo il solito autunno spento degli ultimi anni, o i colori si accenderanno improvvisamente verso fine ottobre?
Luca Dal Bello, Storico del clima
Validatore dei dati del
Centro Meteo Lombardo