L’estate che vira in settembre non lascia rimpianti, se non per gli amanti della statistica. Il grande caldo lascia invece dietro di sé soltanto disagi e gli echi di una “guerra” scoppiata in risaia, che ha contrapposto Piemonte e Lombardia nello spasmodico tentativo di accaparrarsi le poche gocce d’acqua rimaste. Da una parte il Consorzio d’irrigazione Est Sesia in grande difficoltà, dall’altra il Consorzio del Ticino. In mezzo il Lago Maggiore, l’unico grande bacino d’acqua naturale, il cui livello è calato di oltre due metri in poche settimane. Scambi reciproci di accuse e appelli di operatori turistici e amministratori lacuali. Con un dilemma estremizzato: salvare la navigazione dei battelli e il turismo oppure il risotto made in Italy?
La risposta, ancora una volta, è stata affidata al meteo: sul finire di agosto è arrivata la pioggia. Che tuttavia non risolve il problema. Una soluzione, sicuramente, l’avrebbero trovata Leonardo da Vinci e Ludovico il Moro. Già, proprio loro. Come dire: facciamo un tuffo a ritroso di seicento anni e caliamoci nel Rinascimento. Non è utopia: in questi giorni e sino al 17 settembre è aperta al pubblico nella Sala del Duca del castello sforzesco di Vigevano una mostra fotografica multisensoriale a ingresso libero dal titolo “Roggia Mora. Ludovico il Moro: luoghi e paesaggi”. Una rassegna che ripercorre, attraverso il contributo di pregevoli immagini, la storia di un manufatto che lanciò la coltivazione del riso nella pianura padana, prima ancora della costruzione del canale Cavour. La roggia Mora (o il canale del Moro), si stacca dalla Sesia nei pressi di Prato Sesia, prosegue a Romagnano, attraversa la campagna novarese, dà vita e forza non solo all’agricoltura; nei secoli è stata determinante per la sopravvivenza di industrie tessili e altri opifici. Poi lambisce Novara e sfocia in Lomellina, assumendo il nome di Mora Bassa.
Il Moro, duca di Milano, aveva visto lontano. Non poteva che affidare il progetto a un Genio, come lo era appunto Leonardo da Vinci, architetto e scienziato multiforme, chiamato alla corte milanese per realizzare una serie di opere. Quel tracciato, lungo circa 60 chilometri, cambiò il volto delle pianure novarese e lomellina. Sfruttò tratti di corsi d’acqua già esistenti, puntando sulle interconnessioni. Il primo tratto, infatti, denominato roggia Nuova, era già stato realizzato dal comune di Novara nel XII secolo. Assunse ufficialmente l’attuale denominazione tra il 1481 e il 1488, quando il canale fu prolungato fino ad interconnettersi con il Terdoppio e da lì fino alla tenuta Sforzesca, a Sud di Vigevano. La mostra è organizzata dalla Città di Vigevano in collaborazione con Città di Novara, Castello di Novara, Est Sesia, Centro ricerche per l’ecologia acustica. Una serie di immagini che partono appunto da Prato Sesia e, percorrendo il tracciato, incontrano Ghemme, Novara, la Lomellina, Vigevano. Un “paesaggio sonoro”: il visitatore, inquadrando un qr code, può entrare nel vivo dell’ambiente creato dalla Roggia Mora, dallo scrosciare dell’acqua agli effetti acustici provenienti dai paesi circostanti, come il suono delle campane, persino l’abbaiare di un cane. Insomma, un’esperienza immersiva che non trascura nulla dell’immaginazione.
Così come la riproduzione del Mulino di Mora Bassa, dove Est Sesia cura l’ecomuseo e la mostra permanente delle macchine leonardesche, ci rimanda al celeberrimo dipinto della Dama con l’ermellino, che Leonardo realizzò ispirandosi a Cecilia Gallerani, la giovane amante di Ludovico il Moro: tra queste mura i due si incontravano protetti e lontani dagli occhi indiscreti, non dai pettegolezzi di corte. Storia, leggenda, ma soprattutto capacità realizzativa si intrecciano in questo percorso. Le fotografie sono state realizzate da Mario Balossini, Maria Cristina Barbè, Massimo Forni, Peppino Leonetti, Roberto Mazzetta, Paola Moriggi, Giuseppe Perretta, Domenico Presti, Silvana Trevisio, Cristiano Vassalli. Con la collaborazione della Società Fotografica Novarese e l’Associazione Culturale Città Ideale-Mulino di Mora Bassa.
Gianfranco Quaglia, direttore
di Agromagazine
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