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“Il Natale si attende, la Pasqua si prepara”. È una frase che abbiamo letto qualche giorno fa su un sussidio e dalla quale  vorremmo partire per condividere questi pensieri  con chi, come noi, non vive nel silenzio meditativo di un chiostro, ma si trova a trascorrere questa preparazione dentro un turbinio di azioni, di emozioni, di necessità, di richieste. 

Ecco allora il primo significato di questo preparare: imparare, esercitarsi, tentare di distinguere, di ripulire, di definire in modo più chiaro la differenza tra il parlare che viene da Dio ed i rumori di sottofondo. Negli ultimi tre anni, in una sorta di decrescendo, abbiamo sperimentato nel profondo i nostri 40 giorni di deserto. La quaresima 2020 era nel più totale isolamento, e poi via via, più liberi, ma sempre troppo “minacciati”. E in quei giorni ciascuno di noi si è trovato come costretto a fare i conti con le proprie potenzialità e con i propri limiti. E, sempre in quei giorni, abbiamo cantato sui balconi per poterci dare reciproco sollievo, ci siamo applauditi l’un l’altro per come la sofferenza ci stava forgiando ed abbiamo universalmente dichiarato che ne saremmo usciti migliori. Ci siamo preparati per un tempo lungo, e con alterne vicende, ad una resurrezione di famiglia e di società, ad un tempo nuovo, rinnovato, in cui le relazioni, che avevamo finalmente colto come il fulcro del nostro essere “famiglia umana”, avrebbero mantenuto un primato importante, vicino all’assoluto. Abbiamo atteso con “speranza certa” un sole nuovo che sarebbe sorto all’orizzonte, un giorno nuovo in cui la frettolosità, la superficialità, l’indifferenza, il sospetto, la polemica sarebbero definitivamente scomparse.

Ecco, questa Quaresima è diversa, oggi siamo liberi, siamo dentro quel giorno nuovo che tanto abbiamo sognato dalla nostra “prigionia”. 

Eppure oggi, forse ancora di più, abbiamo bisogno di fare memoria, di fermarci, di guardare con coraggio e insieme serenità alle nostre potenzialità ed ai nostri limiti. Oggi non è più un decreto ad imporci di fermarci. Oggi questa preparazione ce la chiede la Quaresima, come ogni anno, dentro la saggia pedagogia di una Chiesa che ci è madre e che, come ogni madre, sa che il tempo va disteso per conoscersi, che le ore non possono essere riempite di cose, se vogliamo che siano tempo di vita e non di morte. 

Allora ringraziamo, innanzitutto, per questa occasione annuale, per questo tempo che ci invita a “preparare”, ad essere pronti prima, ad essere più pronti di prima, a renderci docili e disponibili allo stupore della passione e della risurrezione. E dopo questo grazie proviamo a guardarci dentro, prima ancora che intorno, e a pensare se davvero le priorità che parevano ovvie nei giorni della fatica, rimangono tali oggi o se forse non ci siamo tanto facilmente rituffati in una quotidianità di rumori di fondo. Così, senza rievocare un nostalgico passato, crediamo che oggi, proprio questo oggi di questo 2023, sia il tempo “buono”, il tempo regalatoci per conoscerci e per riconoscere la più profonda scintilla di amore che ci abita. Ma questo, nella vita schiacciata di ogni giorno, dentro preoccupazioni futili o reali e concrete, chiede a ciascuno di noi ed alle nostre famiglie insieme, un atto di coraggio.

E questo è il secondo regalo che la Quaresima ci fa: chiedere di combattere perché la pace del cuore abbia il suo spazio vitale, chiederci di sovvertire non solo le priorità di principio, ma quelle delle nostre agende, per mettere al primo posto ciò che davvero illumina e dà significato a tutti gli impegni fitti, pigiati e pressanti dei nostri giorni. E’ una guerra senza armi quella che ci è chiesta, il coraggio della fiducia, il coraggio della dedizione all’altro senza nulla in cambio, il coraggio di sacrificare la parte più timida di noi, o quella più ambiziosa, o forse quella più frustrata per aprire le porte all’essenziale. Il digiuno quaresimale, non è lo sforzo di chi scopre di saper dominare se stesso, ma il coraggio di chi scopre che dentro lo scorrere del tempo digiunare da se stessi ci fa cogliere la bellezza dei doni che ci circondano.

Ci auguriamo allora che questa quaresima, non per legge, ma per scelta d’amore, ci permetta davvero di scoprirci migliori nel giorno di Pasqua e non per merito, non per ricevere applausi, ma perché abbiamo compiuto il cammino lento e faticoso di chi sceglie di spianare la strada all’Amore. 

Margherita e Marco Invernizzi, Condirettori dell’Ufficio diocesano per la famiglia

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