Storie di agricoltura al femminile anche a Novara. Siamo molto vicini al momento in cui i “campi in rosa” non fanno più notizia. A fare notizia, invece, è la capacità imprenditoriale che sta marcando un segno distintivo nel settore primario.
La giornata internazionale delle donne rurali, che si celebra il 15 ottobre, sottolinea il cambiamento. Non soltanto lavoratrici, ma titolari d’azienda, ai vertici dell’innovazione.
Alcune protagoniste di un ritorno alla terra dopo esperienze maturate in altri ambiti; altre continuatrici dell’attività trasmessa da genitori e nonni.
All’altra metà del cielo non è mai stato riconosciuto un ruolo determinante. Ma già ottant’anni fa, in piena guerra mondiale, al fronte gli uomini, si devono alla donna dei campi il salvataggio e la conduzione delle aziende agricole.
Era già avvenuto durante la Grande Guerra, con mogli, sorelle e madri dei soldati in trincea.
Oggi il contributo non è più per necessità, ma una scelta di carriera, che poi si rivela eccellente. Ecco alcuni esempi, alcune storie.
Cristina Rainelli è una biologa molecolare. Nasce alle pendici del Monte Rosa, Macugnaga, ma gli studi la portano lontano, nei laboratori dove si interessa di terapia genica dei tumori.
Ha lasciato tutto per tornare in Valle Anzasca e oggi scherza felice: “Allevavo topi per studiarli come cavie, ora allevo mucche”.
Alpe Burki, questa l’azienda agricola che dirige, 1600 metri di quota con il Rosa sullo sfondo. Produce dodici tipi di formaggio, in particolare la toma Burki con una variante aromatizzata al vino.
Ha avuto un agriturismo ed è diventata anche presidente nazionale dell’associazione casare e casari.
L’articolo completo, con altri approfondimenti, si può trovare sul nostro settimanale in edicola da venerdì 13 ottobre e disponibile anche online.