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Dal 15 al 17 novembre si terrà a Roma la Prima Assemblea sinodale delle Chiese in Italia, una delle tappe della “fase profetica”, ultimo tratto del Cammino sinodale nazionale che in questi anni ha corso parallelamente a quello della Chiesa universale, confrontandosi sui temi della corresponsabilità e della sinodalità. Nella Basilica di San Paolo fuori le mura si ritroveranno 1.200 delegati e vescovi per confrontarsi sui “Lineamenti”, il testo che raccoglie i risultati finora raggiunti e propone alcune traiettorie pratiche.

Sarà presente anche una delegazione della diocesi di Novara composta da don Brunello Floriani e Romina Panigoni – delegati diocesani per il sinodo – e da Alessandro Sacchetti e Valeria Artuso, della presidenza del consiglio pastorale diocesano, che nell’ultima sessione si è confrontato proprio sui “Lineamenti”, fornendo spunti sulle declinazioni diocesana, parrocchiale e di Upm dei temi trattati.

L’assemblea di novembre è chiamata a lavorare sui Lineamenti per poi giungere allo Strumento di lavoro, in vista della Seconda Assemblea sinodale in programma, sempre a Roma, dal 31 marzo al 4 aprile. I “Lineamenti” si aprono con una premessa che ripercorre le fasi “narrativa” e “sapienziale”, presentando i primi frutti della “fase profetica”, alla luce della visione ecclesiologica del Concilio Vaticano e della ricezione delle prospettive conciliari da parte del magistero petrino e delle Chiese in Italia. «I capitoli si articolano attorno a tre nuclei – si legge in una nota della Cei -: il rinnovamento della mentalità ecclesiale e delle prassi pastorali; la formazione alla fede e alla vita; la corresponsabilità. Il tutto nell’orizzonte missionario, nello stile della prossimità».


«Il tema del Cammino sinodale – spiega mons. Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale – è l’orizzonte missionario nello stile della prossimità. Abbiamo vissuto tre anni di lavoro nelle Diocesi attorno alla parola ‘missione’: non si tratta di ritoccare meccanismi interni, di rivedere spazio e tempi, ma di rispondere a ciò che ci viene chiesto dalla società. Siamo in una società pluralista, in un tempo particolare, usciti dalla pandemia che lascia ancora degli strascichi, in un momento in cui le persone perdono la speranza. Noi cristiani dobbiamo rispondere a chi ci domanda ragione dalla speranza che è in noi».

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