Una visita al Museo del Paesaggio a Pallanza vale la pena. Ora, più che mai. È indubbio che Palazzo Viani Dugnani conservi già di suo un tesoro di grande valore e bellezza, a cui adesso si aggiunge un’ulteriore perla. Anzi, una doppia gemma che si incastona nel diadema e brilla di una luce tutta nuova, tutta speciale.
Già, perché di luce si deve parlare se si vuole comprendere la particolarità della mostra esposta fino al prossimo 25 febbraio. Accanto e in dialogo con le collezioni presenti in museo – siano esse i gessi del Troubetzkoy o la quadreria del piano nobile del palazzo – i visitatori possono ammirare le due tele cinquecentesche di Paolo Caliari detto il Veronese. Si tratta dell’Allegoria della Scultura e dell’Allegoria con sfera armillare, quest’ultima forse da intendere come un richiamo all’Astronomia. Le opere, dieci anni fa, sono state oggetto di un “riconoscimento” che porta la firma e l’intuito di Cristina Moro.
Appartenute alla collezione del marchese Silvio della Valle di Casanova e di sua moglie Sophie Browne, le due Allegorie hanno fatto bella mostra di sé per lungo tempo all’interno di Villa San Remigio sulla sommità della Castagnola a Pallanza. Nel 2014 Moro, dopo uno studio approfondito, comprende che la mano dell’artista è quella del Veronese. Una scoperta che trova fondamento e che suggerisce alla Regione Piemonte – dal 1977 proprietaria della villa – di trasferire le due tele a Venaria Reale per essere restaurate.
Ma, come è giusto, che sia, dopo dieci anni, le opere tornano a splendere sul Lago Maggiore. Di luce propria. E questo grazie alla particolarità della mostra allestita in museo, che si avvale di un sistema d’illuminazione conosciuto come “Metodo Monza”, curato in ogni aspetto da Francesco Iannone e Serena Tallini dello studio “Consuline Architetti Associati”.
È una particolare illuminazione che ha come obiettivo quello di emozionare chi si sofferma di fronte alle due tele. In una manciata di minuti si ripercorrono i decenni e le stagioni, ammirando le opere con la stessa luce e le stesse sfumature con cui le hanno potute osservare i marchesi e i loro ospiti nelle sale della villa. È la luce che entrava dalle finestre della loro dimora, la luce delle candele accese nella sala, la luce artificiale che risaltava o nascondeva alcuni particolari, a seconda delle ore del giorno. Un gioco di chiari e scuri, di fasci di luce e di coni d’ombra che rendono all’occhio di chi le guarda oggi le stesse tele vive e “narranti”.
L’articolo integrale con le foto dell’inaugurazione sul nostro giornale in edicola venerdì 14 luglio e disponibile anche online, nelle edizioni Il Popolo dell’Ossola, Il Verbano, L’Informatore del Cusio.