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Fantasia e creatività. In queste due parole è racchiuso il mondo di Giuseppe Lusetti. A Mergozzo tutti sanno chi è Giuseppe. Classe 1937, vive al Sasso, ma la sua bottega d’artista è nel cuore del paese, proprio davanti alla chiesa parrocchiale. È lì, in quei pochi metri quadrati, che è stipata gran parte della sua produzione artistica, sia essa scultura o pittura. Varcando la soglia si resta folgorati di fronte alla parete su cui è disposta, come un serpente, l’opera che più di tutte le altre lo rappresenta. È il suo capolavoro, la catena di 29,30 metri ricavata da un unico blocco di granito verde di Montorfano. La catena è composta da 239 anelli, scolpiti uno ad uno e concatenati, senza alcuna giuntura.


Quando Giuseppe la realizza nel 1996 non è nuovo a imprese impossibili. Basti pensare alla “palla imprigionata nella palla”, scultura in granito verde del 1975, così come la “Caravella” in pietra ossolana lunga 7.5 metri, realizzata per le Colombiadi a Genova in occasione dell’Expo del 1992. Ma con la catena supera ogni tipo d’immaginazione. Supera se stesso. Crea qualcosa che ancora non esiste e mette in pratica la lezione di Leonardo e Michelangelo, secondo i quali la scultura è l’arte più bella e nel contempo difficile, perché deve togliere e non aggiungere.

Giuseppe ci riesce. La catena nel 2011 è premiata dal Guinness World Record come “la catena di sasso più lunga al mondo” e nel 2018 è esposta alla Biennale di Venezia. Il vescovo Franco Giulio Brambilla l’ha citata nel suo discorso ai giovani durante la Giornata Mondiale della Gioventù 2020. Unica e geniale, come unico è l’estro artistico di chi l’ha pensata e realizzata. E geniale, perché la catena non è destinata a stare immobile. È snodabile e può assumere forme diverse, rendendo possibile ciò che è impossibile per una scultura realizzata in pietra.

Il servizio integrale già disponibile nell’edizione di venerdì 12 maggio, acquistabile in edicola e online.

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