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Fiocco azzurro a Casa Letizia: nella struttura domese che ospita ancora i profughi ucraini, c’è stata recentemente una nascita. I genitori del bimbo, di nazionalità ucraina, erano stati inseriti nei servizi dedicati alla maternità, messi a disposizione dall’Azienda Sanitaria Locale del Verbano Cusio Ossola, per garantire alla giovane mamma di sentirsi tutelata nella sua gravidanza. L’equipe multiprofessionale, operante presso il Centro d’accoglienza straordinaria (CAS) Casa Letizia – composta da assistente sociale, educatore, operatore sociosanitario e interprete – ha prestato particolare attenzione alla vulnerabilità di una giovane coppia in fuga dalla guerra e in attesa del primo figlio.

«I neogenitori si sono sentiti subito accolti e compresi – spiega Sabrina Pironi, assistente sociale e referente coordinatore del CISS Ossola – sia da parte dell’equipe sia dai servizi ASL a cui hanno avuto accesso. I due giovani erano sorpresi di ricevere cure gratuite, perché nel loro Paese ogni di tipo di prestazione sanitaria è a pagamento.  La coppia ci ha raccontato di essere fuggita dall’Ucraina senza garanzie, né conoscenze, non sapendo cosa li aspettasse al loro arrivo in Italia e impauriti dalla possibilità che questa impresa avrebbe potuto compromettere gli esiti della gravidanza: sono rimasti piacevolmente colpiti dal livello di assistenza ricevuta». 

Mamma, papà e neonato stanno bene, nella struttura protetta del CAS, dove hanno a loro disposizione la professionalità degli operatori impiegati e la vicinanza degli altri ospiti accolti presso Casa Letizia.

Padre Fausto Panepinto
Padre Fausto Panepinto

Padre Fausto Panepinto spiega che «i frati della Cappuccina hanno messo gratuitamente a disposizione la struttura ma della gestione si occupa il Consorzio Intercomunale dei Servizi Sociali dell’Ossola».  

Ad oggi sono ospitati presso Casa Letizia una ventina di beneficiari, soprattutto nuclei familiari costituiti da mamme con i propri figli, regolarmente inseriti nelle scuole ossolane. 

«Il processo di integrazione è stato fin dall’inizio condizionato dalla precarietà dei progetti di vita dei beneficiari – spiega ancora Sabrina Pironi – legata all’incertezza dell’andamento dell’evento bellico, ma l’equipe si è da subito impegnata per garantire non solo l’orientamento al territorio ed i suoi servizi, pubblici e privati, ma anche l’inserimento nel tessuto sociale locale». Gli ossolani hanno dimostrato la loro vicinanza provvedendo ai bisogni materiali più immediati ma l’integrazione completa prevede la necessità di opportunità lavorative e naturalmente, lezioni di italiano. 

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