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Una rosa colta nel giardino della casa episcopale da aggiungere a quelle portate in dono attraverso il corteo civico sino in Basilica, che «sono il segno della fatica, dell’ingegno e della creatività della gente di Novara e del “contado” che da secoli in questo giorno si incontra intorno al proprio santo patrono». Si è aperta con i simboli della cerimonia del fiore la messa pontificale di san Gaudenzio 2024, presieduta dal vescovo Franco Giulio Brambilla in Basilica questa mattina. 

Una celebrazione nella quale la comunità dei fedeli e quella civile si incontrano e che il vescovo ha voluto introdurre con un auspicio di pace in questo tempo travagliato dalle guerre. 

Ma è ai conflitti che troppo spesso dilaniano le famiglie e le relazioni, il nodo da cui quest’anno il vescovo ha voluto far partire il suo discorso alla città e alla diocesi, tutto dedicato alle donne. «Qui voglio dar voce  – ha detto, riprendendo un tema anticipato al nostro giornale – al grido di dolore e alla più intransigente condanna di tutte le forme di violenza sulle donne e sui bambini: in una società avanzata, come ci vantiamo di essere, questo dramma è assolutamente incomprensibile e domanda una lotta senza quartiere contro tale cancro della vita umana e della società civile». 

E allora, per il vescovo, come antidoto a questo male sociale, vanno ripensate le relazioni personali. «La storia dell’incontro tra uomo e donna – ha sottolineato il vescovo nella sua omelia pubblicata integralmente su diocesinovara.it è il luogo dove si scopre che la vita è un bene promettente, è una grazia che mette dinanzi a ciascuno la sfida di una risposta libera. È una presenza che si attua nell’agire quotidiano, nella dedizione responsabile, nella generazione feconda con cui si costruisce la vita comune e ci si cimenta nell’operosità della vita sociale. L’uomo e la donna nella loro diversità appaiono così un dono, non un concorrente che mette alla prova e di fronte al quale cautelarsi, affermando la propria parità e soggettività individuale».

Solo così, sarà «l’ora della donna», il titolo scelto per questo discorso. Sul versante sociale «non si deve parlare de “la donna”, ma delle donne; bisogna riferirsi sempre al contesto pratico, non solo operativo, ma creativo; è decisivo introdurre i temi del confronto nella vita quotidiana della casa, della cura, della relazione, dei sentimenti, dell’empatia, dei progetti, dell’educazione, del lavoro, della festa, del riposo, per accorgersi quali scenari nuovi si dischiudono davanti a noi», mentre su quello ecclesiale «s’impone il ripensamento della presenza della donna nelle comunità cristiane: la promozione di una ministerialità diffusa, il coinvolgimento delle donne nei movimenti laicali e negli organismi di partecipazione, i cambiamenti nella vita religiosa femminile, la partecipazione liturgica delle donne, l’apprezzamento del servizio femminile nella vita della Chiesa, l’apporto delle teologhe nella ricerca, docenza, formazione e pubblicistica».

La patronale, che era iniziata lo scorso sabato con l’apertura dello scurolo, proseguirà fino a domenica 28 gennaio, con le celebrazioni in basilica e gli eventi culturali in programma in città.

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