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La giornalista Giuliana Donarà, figlia di un esule dell’Istria, nata a Torino, racconta il dramma delle foibe di metà Novecento presso Villa Marazza. L’incontro è organizzato dal comitato “10 febbraio”, rappresentato dal presidente della sezione di Novara Stefano Rossi e patrocinato dall’assessorato comunale al turismo ed eventi. In questa conferenza si parla dell’esperienza e delle ricerche effettuate da Giuliana Donarà e Cristina Chenda sugli orrori del confine orientale nella metà anni Quaranta.

“Il confine orientale. La guerra, l’Italia e le foibe”

La conferenza si introduce col presidente del CDA della fondazione Marazza, Marco Croce, per stimolare la riflessione sul tema. “Quello che mi preme di più della questione, e che lascio come spunto di riflessione, è che si tende a politicizzare questa tragedia. I massacri che identifichiamo con le foibe hanno, infatti, colpito la cultura e il tessuto sociale, più che un’ideologia. Tra i morti si trovano infatti professori, medici, carabinieri…
Per questo credo sia importante mantenere viva la memoria, perché coloro che non ricordano il passato, sono condannati a ripeterlo. La cultura è l’unico antidoto alla disinformazione.”

La parola, poi, passa a Stefano Rossi, che, parlando del comitato “10 febbraio”, annuncia quanto sul territorio novarese, ci sia stata una risposta positiva. “Sono state molte le conferenze del comitato di Novara in scuole e istituti in questi anni, ne siamo fieri”.

Quindi comincia la conferenza guidata da Giuliana Donarà, che parla della fuga del proprio nonno da Digniano, nel sud dell’Istria. “Sono stati in molti i profughi che sono fuggiti nel 1947” a seguito delle complicazioni del trattato di Parigi. “Mio nonno, con la famiglia, ha vagato poi per cinque anni prima di riuscire a stanziarsi a Torino. Ma lui è stato uno di quelli fortunati, non a tutti era concesso di abbandonare la propria zona legalmente.”

In seguito al contesto, ha raccontato delle stragi, “di quelle che sappiamo, potrebbero esserci altri luoghi di massacro che sono rimasti inaccessibili.” Tra gli altri, menziona la tragica storia di Norma Cossetto, che è il simbolo del comitato “10 febbraio”. Alla conclusione dell’incontro, cita la sua collega, che non era presente, Cristina Chenda, anch’essa esule, per marcare l’importanza di parlare delle foibe. “Il giorno del ricordo per noi è tutto l’anno”

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