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Sovazza di Armeno, pomeriggio d’estate di qualche anno fa. Terrazza della casa di vacanze dell’onorevole Michele Zolla. Qui l’ex vicepresidente della Camera, sottosegretario e consigliere di Scalfaro al Quirinale, tornava ogni anno per concedersi un periodo di riposo nel paese “buen retiro” che gli aveva dato i natali. Eravamo saliti quassù con Paolo Cattaneo ripercorrendo la vita del padre ingegner Gaudenzio, altra figura iconica, “papà” dell’Università del Piemonte Orientale (e non solo) al quale in seguito è stato dedicato un libro (“L’ingegnere”). Nessuno più di Zolla conosceva bene l’ingegnere, chiamato “Nino”, proprio come l’ex parlamentare democristiano.

Ma quel pomeriggio non resterà solo una rievocazione della figura di Cattaneo. Si rivelerà una “lectio magistralis” di storia attraverso episodi, aneddoti e citazioni che fanno riemergere “stelle polari” della politica con la P maiuscola. A distanza di tempo quella conversazione-intervista (che riproponiamo) sembra quasi un testamento. Zolla parte da molto lontano, anzi da vicino e allarga il braccio sulla valle dell’Agogna, indica i boschi, le baite, gli alpeggi e le cime dei monti che dividono il lago d’Orta dal Maggiore: “Qui si è combattuta la Resistenza, io ero un ragazzino, ho visto i rastrellamenti, i partigiani morti”. Poi punta il dito alla sua sinistra, verso un’altura che nasconde alla vista il Mottarone: “Ecco, quello è chiamato il Monte dei tre fuochi. I partigiani li accendevano per segnalare agli aerei alleati il punto di lancio degli aiuti. In una di quelle notti, 1944, fu paracadutato anche il maggiore statunitense William Holohan, incaricato di missioni speciali con esponenti della nostra Resistenza”. Quell’ufficiale qualche giorno dopo sarà ucciso in circostanze misteriose e solo nel 1950 il suo corpo ritrovato nelle acque del lago d’Orta. Un giallo, mai completamente risolto neppure dal processo conclusosi con una condanna in contumacia di due americani di origine italiana che facevano parte della missione. Il mistero ispirò più tardi il film “La spia del lago” interpretato da Alan Ladd.

“Quello era il clima in cui siamo cresciuti, un ambiente in cui si forgiava la nostra giovinezza. Ricordo quando nella chiesetta qui accanto portarono, morto, il partigiano Franco Abrami e quella volta in cui spararono per sbaglio a un’anziana nell’orto. Il proiettile le trapassò le mascelle, ma lei non morì. Si cresceva molto in fretta, a 12 anni ero già in grado di valutare se le pallottole fischiavano lontano o vicino”.

L’articolo integrale in edicola da venerdì 12 gennaio. Altri articoli e altre notizie provenienti dalla Diocesi di Novara si possono trovare sul nostro settimanale, che si può leggere anche online, abbonandosi o acquistando il numero che interessa direttamente da qui.

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