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Sono stati circa cinquecento i novaresi che, nel pomeriggio di oggi, lunedì primo gennaio, a Novara, hanno voluto aprire l’anno con un passo di pace, prendendo parte alla tradizionale Marcia della Pace promossa dalla Comunità di Sant’Egidio di Novara (foto Agenzia Visconti).

Il ritrovo è stato in piazza Cavour. Da qui la partenza del corteo, composto da bambini, ragazzi, adulti, famiglie. Un corteo colorato che è transitato lungo corso Cavour, via Fratelli Rosselli, piazza Puccini e, quindi, è giunto nel cortile del Castello. Un finale al Castello che si registra per il secondo anno consecutivo.

In mano i cartelloni con i nomi di tutti i Paesi che, a oggi, sono ancora in guerra, che vivono ancora qualche conflitto. Una manifestazione che, nel primo giorno dell’anno, ha voluto chiedere con forza la pace in tutto il mondo.

Filo conduttore della Marcia della Pace, il tema indicato da papa Francesco, “Intelligenza artificiale e pace”.

A introdurre il pomeriggio, la responsabile regionale della Comunità di Sant’Egidio, Daniela Sironi. “Dobbiamo alzare, se non dei muri, almeno delle barriere di protezione alla nostra vita, perché non venga contagiata dal male che vediamo intorno. Lo vediamo lontano: il male della guerra, del terrorismo, della violenza, lo vediamo vicino, tanta violenza nella vita delle nostre città, contro le donne, contro i bambini”.

E ancora: “Ieri il presidente Mattarella ne ha parlato nel suo messaggio all’Italia. Io vorrei dire che, proprio per questo, dobbiamo uscire, essere insieme, essere uniti, perché la pace è possibile. E non lo è solo se i grandi della terra lo decidono. E’ possibile se ciascuno di noi ogni giorno compie un passo di pace. Ecco perché – aggiunge Sironi – questa marcia è piena di speranza, di fiducia e anche di allegria. E’ l’allegria della musica che ci accompagna, ma anche l’allegria di essere uomini, bambini, donne, ragazzi, di tutti i Paesi del mondo, dove tutti vogliono la pace in tutte le terre”.

Nel cortile del Castello, dopo la lettura del messaggio di papa Francesco, si sono alternate le testimonianze di ragazzi e ragazzi, donne e uomini, che hanno raccontato della propria esperienza di guerra, delle fughe dai Paesi d’origine con l’arrivo in Italia, dove hanno conosciuto la Comunità di Sant’Egidio e sono stati aiutati. E dove, poi, a loro volta, nella maggior parte dei casi, hanno deciso di aiutare. E che ora hanno deciso di partecipare alla Marcia della Pace.

Yassine: “Sono nato in Marocco nel 2002. Fino ai 13 anni la mia vita è stata normale, con alti e bassi. Poi ho iniziato a lavorare come aiuto carrozziere. Cambiavo i vetri delle auto. Poi con mamma mi son trasferito in Libia. Qui mi sono trovato in mezzo alla guerra. Sono uscito per fare una fotografia e hanno iniziato a sparare. Mi sono buttato a terra per salvarmi. Questo è stato il mio primo contatto con la guerra”.

Yassine è rimasto nascosto a casa della zia per 6 mesi, perché come marocchino era clandestino e irregolare. “Mamma ha dovuto ripartire e sono rimasto solo in Libia, dove tutti armati. In Libia trattato come uno schiavo e rinchiuso e costretto a lavorare sotto minaccia. Un giorno, uscendo dalla Moschea, han iniziato a spararmi e han colpito la persona con cui parlavo”.

Qualcosa che ha colpito Yassine, ancora ragazzino. E dopo aver visto altre situazioni legate alla guerra è riuscito a fuggire e ad arrivare in Italia, a Novara, “dove ho conosciuto Sant’Egidio. E ho incontrato Pietro, un anziano, che è diventato un amico. In Italia ho trovato la pace, la tranquillità della vita”.

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