Secondo l’Unicef, dall’inizio dei bombardamenti a Gaza, sono morti più di 14.500 bambini palestinesi. Più dei bambini uccisi in quattro anni di guerre in tutto il mondo. 25.000 bambini feriti a Gaza, dove c’è il più alto numero di bambini amputati al mondo, relativamente agli abitanti. 17.000 soli, senza famiglie. Un milione di bambini sfollati.
Al 24 marzo 2025, in Ucraina sono stati uccisi 604 bambini e quasi 2000 feriti. Nella guerra in Sudan, c’è un popolo di rifugiati bambini. Sui quattro milioni, che hanno lasciato il paese, la metà sono bambini. La metà di chi resta soffre di insicurezza alimentare (25 milioni). E così i nostri bambini chiedono pace per tutti. Perché i bambini hanno bisogno di pace, hanno la pace nel cuore, ma nessuno li ascolta.
Dare voce, ascoltare i bambini: questo è il motivo che impegna le scuole primarie novaresi – e anche qualche scuola d’infanzia – a preparare l’appuntamento annuale della Marcia di Pace dei bambini.
Chi conosce i bambini conosce anche quello che hanno nel cuore e il bisogno di esprimere, di gridare la necessità della pace, il loro amore per la pace. Dentro questo amore i bambini esprimono tutto: l’amore per la vita, per la famiglia, per la scuola, per la natura, per gli altri, per il futuro.
Allegra, colorata, piena di musica e di danza, slogan semplici e ripetuti scanditi dalle voci dei bambini come un canto ininterrotto, ma anche grande silenzio per ascoltare le testimonianze dei bambini che vivono in guerra, così è apparsa la marcia del 9 aprile. Ma anche le testimonianze degli anziani hanno colpito: in diverse scuole gli anziani sono stati accompagnati come testimoni per raccontare la guerra che loro hanno vissuto da bambini e alla Marcia non è mancata la presenza di una delegazione di anziani tra di loro Edda che, a 90 anni, ha rivolto ai bambini il suo appello per la pace.
E poi l’impressionante silenzio nel momento del ricordo dei Paesi in guerra, col loro nome in ordine alfabetico, e sul grande schermo il mappamondo che evidenziava di volta in volta dove si trovasse il paese che veniva nominato e qualche immagine della guerra in quel Paese e così fino all’invito ad alzarsi in piedi, “con calma e attenzione per non farsi male e per non far male ai bambini vicini”, e osservare un minuto di silenzio per le vittime di tutte le guerre.
Un silenzio impressionante, totale, prolungato, concentrato, che ha stupito gli adulti per la serietà dei piccoli, anche quelli della scuola d’infanzia che coi loro giubbetti giallo fosforescente (anti perdita di bambino) portavano i nomi dei paesi in guerra scritti su una colomba bianca come speranza della pace. Così sono i bambini, quelli sulle cui spalle pesa un mondo di adulti irresponsabili e incapaci di dare pace al mondo. Eppure i bambini non condannano, ma vorrebbero da noi cuori e menti che li ascoltino e decidano di fare pace. Davide contro Golia?
Eppure sappiamo com’è finita la storia.
Il futuro è la pace, la resurrezione e la vita.

Daniela Sironi, Responsabile regionale della Comunità di Sant’Egidio