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La storia del disertore Friedrick Picgler (“Fritz”), viennese, arruolato nell’esercito tedesco, fuggito da Montecassino e, dopo aver risalito l’Italia in autostop sino a Bogogno, finito a impegnarsi nella lotta partigiana, ha concluso questa mattina, nel cortile del Broletto, a Novara, la cerimonia per il 25 Aprile, per il 79esimo anniversario della Liberazione (foto Alessandro Visconti). Una celebrazione avviata al Monumento ai Caduti di viale IV Novembre e proseguita con il corteo, preceduto dalla banda musicale di Confienza, sino in Duomo. Qui c’è stata la messa, che ha anticipato il momento finale, quello più atteso e con l’intervento delle autorità, nel cortile del Broletto.

A raccontare di “Fritz”, diventato per tutti, dopo i tanti anni in Italia, “Federico”, Carlo Greppi, componente del Comitato scientifico dell’Istituto Storico della Resistenza Piero Fornara, a cui è stato affidato il compito di tenere l’orazione ufficiale. Una storia delineata con tanti dettagli in alcune pagine dello storico novarese Cesare Bermani. “Fritz” salirà sino alle montagne della Valsesia, diventando un partigiano di Cino Moscatelli e impegnandosi, lui ex soldato della Wermacht, nella formazione “Osella”.

«A Ghemme – ha spiegato Greppi – si salvò fortunosamente, mentre i suoi altri compagni, tra cui Pierino Miglio, di soli 15 anni, persero la vita. Vicende come quelle di “Fritz” – ha concluso – sono da tramandare, da raccontare. Coloro che scelsero invece di aderire alla Repubblica Sociale vanno condannati». E quindi: «Viva l’anti-fascismo, viva la Resistenza».

Poco prima il sindaco Alessandro Canelli: «Come ogni anno siamo qui a celebrare una data importante, il 25 Aprile, giorno della Liberazione dell’Italia dall’oppressione nazi-fascista. Una Liberazione raggiunta grazie al sacrificio di tanti uomini e di tante donne, ovviamente aiutati dagli anglo-americani. Donne e uomini – ha aggiunto – uniti da valori importanti come la libertà e la giustizia. Una lotta partita 20 anni prima, con l’avvento del fascismo nel nostro Paese. Un periodo che ha portato a vietare ogni libertà, quella di esprimere il proprio dissenso, quella di radunarsi, la libertà di stampa. Ogni libertà individuale e collettiva veniva fermata, bloccata, dalla violenza».

E ancora: «un periodo caratterizzato dal totalitarismo, che schiacciava il dissenso con la violenza. Ora, dopo tutti questi anni di democrazia, penso si abbiano i giusti anticorpi, affinché questo non possa più accadere, affinché un periodo simile non si replichi. Certo occorre sempre porre attenzione».

Canelli ne è certo: «Il primo anticorpo è la nostra Costituzione, che è assolutamente – ha aggiunto, raccogliendo gli applausi dei presenti al Broletto – antifascista. Una Costituzione che ci ha mostrato la strada, consentendo la nascita delle associazioni, di un pluralismo informativo. Anni di battaglie per i diritti civili, per la parità di genere. C’è ancora da fare, ma questi anticorpi sono importanti e impediranno il ritorno di quel periodo. C’è ancora da fare molto per l’articolo 3 della Costituzione, quello che rimanda alla pari dignità sociale di tutti i cittadini. Un diritto non ancora pienamente raggiunto: come posso essere libero se svolgo un lavoro che non mi consente di arrivare a fine mese?».

Alla cerimonia le principali autorità civili e militari. Per la Provincia, la vicepresidente Michela Leoni, per la Regione l’assessore Matteo Marnati. E poi il prefetto Francesco Garsia. Per l’Anpi, la presidente Michela Cella. E poi il coro Lis (Lingua italiana dei segni), guidato da Stefania Natalicchio, che ha eseguito “Bella Ciao” e l’Inno di Mameli nella Lingua dei segni.

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