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Nel linguaggio comune si è ormai portati a sovrapporre il concetto di risorse umane a termini solo apparentemente simili, quali dipendente, collaboratore o forza lavoro. Si tratta però di una trappola linguistica comune nella quale un bravo dirigente non può cadere. L’espressione risorse umane indica senza dubbio l’insieme delle persone che, a vario titolo, prestano attività presso un’azienda, ma è da intendersi anche e soprattutto come l’insieme di competenze e professionalità che apportano nel team. Questo è uno dei principali fattori che determinano il capitale aziendale da curare e sul quale investire per migliorare l’intera impresa.

In una riunione congiunta dei Comitati Regionali Piccola Industria di Confindustria Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, riuniti per la prima volta a Stresa, gli imprenditori esprimono la loro preoccupazione in merito al reperimento delle risorse umane, soprattutto quelle specializzate. Molteplici sono i fattori che portano a questa grave situazione, non ultimo il calo demografico che rende impossibile il cambio generazionale di chi va in pensione. Le aziende stanno studiando e mettendo in atto nuove strategie per diventare più attrattive, non solo per assumere le persone delle quali necessitano, ma anche per fare in modo che restino in azienda e rimangano sempre aggiornate.

La difficoltà di trovare risorse umane

Molto chiaro ed incisivo l’intervento di Ermanno Rondi, delegato di Confindustria Piemonte all’education che sottolinea quanto il capitale umano sia «ciò che di più importante dobbiamo gestire come imprenditori». Rondi esprime la sua convinzione che puntare sulla formazione sia una delle carte vincenti, ad iniziare dall’orientamento dei ragazzi che scelgono gli studi superiori, perché una delle cause della disoccupazione attuale è dovuta a «percorsi scolastici non in linea con le richieste del mercato, abbiamo pochi tecnici» evidenzia. Altra problematica sollevata da Rondi è quella che viene chiamata la “fuga dei cervelli”, la realtà dei fatti è che «i cervelli non fuggono, scelgono – sottolinea – ed allora noi dobbiamo trovare il modo di farci scegliere».

Il livello di fedeltà all’azienda è completamente cambiato, perché è cambiata la visione dei lavoratori che chiedono più equilibrio tra il tempo lavorativo e quello di vita privata. «I ragazzi stanno in azienda circa due anni e poi vogliono cambiare – prosegue il delegato – noi li formiamo e poi vengono attratti da altre aziende se nella nostra si sentono poco valorizzati o se gli viene proposta una carriera più vicina alle loro passioni». La nuova sfida delle piccole aziende è dunque quella di capire che devono affrontare anche questo fenomeno.

Convegno Confindustria Stresa
L’incontro delle associazioni a Stresa

Matteo Cavagnino è sulla stessa linea

Abbiamo raggiunto Matteo Cavagnino, CFO di Globalpesca Spa e Presidente del Gruppo giovani imprenditori dell’Unione Industriale del VCO, che pone l’attenzione su altri aspetti riguardo alla scarsità di risorse umane.

«Dopo due anni di pandemia, le imprese vogliono reagire, ma tale fenomeno non ci aiuta – spiega Cavagnino –. Il personale qualificato è difficilissimo da trovare. Basti pensare che da una parte ci troviamo vicino alla Svizzera che assorbe un buon numero di lavoratori, dall’altra le forme di assistenzialismo sociale, come il Reddito di Cittadinanza, non invogliano ad acquisire un posto di lavoro».
Anche per Cavagnino uno sguardo va rivolto agli studi, perché i giovani che hanno concluso il quinquennio negli Istituti tecnici della Provincia, molto validi dal punto di vista formativo, sempre più spesso, decidono di proseguire con gli studi universitari o di cercare lavoro al di fuori del VCO. «Le nostre imprese – conclude Cavagnino – hanno tutte le caratteristiche per essere attrattive, ma è ora che vengano attuate riforme serie affinché siano messe nelle condizioni migliori per attirare talenti e non lasciarli andare altrove».

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