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La Chiesa esiste per evangelizzare, è consapevole di essere custode di un tesoro, il Vangelo, che non deve tenere nascosto in cassaforte, ma offrirlo agli uomini e alle donne di ogni tempo.

Oggi siamo dentro un cambiamento epocale: la fede non può essere data per scontata, non esiste più quel cristianesimo “sociologico” che assicurava a tutti una base cristiana, la Chiesa sembra non avere più rilevanza e non riesce a intercettare le persone.

La trasmissione della fede – la vita come alfabeto per dire il Vangelo e il Vangelo come alfabeto per dire la vita – sembra sempre più difficile, in particolare con i giovani che spesso vediamo distanti, indifferenti e disinteressati rispetto alla vita cristiana, incapaci di un incontro e una relazione personale con Dio, poco inclini e motivati a mettersi in gioco in cammini di crescita e di fede, sfiduciati rispetto alla Chiesa come istituzione. 

“Giovani” e “fede” sembrano oggi due realtà opposte. Ecco allora, nell’anno della GMG, il tema dell’assemblea di pastorale giovanile dello scorso 25 febbraio a Borgomanero: la fede alla prova dei giovani. Di fronte alla frattura che con semplicità i giovani raccontano di avere rispetto alla fede – creduta, pregata, celebrata, agita – noi come Chiesa ci sentiamo spesso feriti. Affinché questa ferita non si trasformi in depressione spirituale e pastorale o indifferenza rispetto ai giovani, si rende essenziale da una parte comprendere le ragioni profonde di questa frattura, dall’altra interpretarla e chiedersi come abitarla. 

Tre i passi che ci aspettano: metterci in ascolto dei giovani, discernere le sfide e le opportunità che essi lanciano rispetto alla fede, immaginare atteggiamenti e scelte per annunciare a loro il Vangelo. Tre passi fondamentali per essere consapevoli della realtà e con i piedi per terra non smettere di sognare e immaginare, il peggio che, come Chiesa, possa succederci. 

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